MTM n°25
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 9 - Numero 1 - gen/apr 2010
Odontoiatria
 


Salvatore Scotto di Clemente
Salvatore Scotto di Clemente
Chirurgo Maxillo-Facciale
Dirigente medico Casa di Cura S. Maria della Salute, S.Maria Capua Vetere [CE]


Anno 9 - Numero 1
gen/apr 2010

 

Se non diagnosticate o se inadeguatamente trattate, le fratture condilari isolate possono condurre ad una serie di complicanze immediate o tardive; tra queste ricordiamo: i disturbi della crescita [possono produrre vere e proprie dismorfie facciali], vari gradi di riduzione della funzione articolare [anchilosi dell’articolazione nei casi più gravi], l’osteoartrite, lussazioni ricorrenti, malocclusioni


L’età rappresenta sostanzialmente un parametro di grande importanza nella scelta del piano terapeutico: nei pazienti in età di crescita è stata evidenziata la gran capacità di recupero morfologico e funzionale del condilo fratturato, e a differenza degli adulti, nei bambini tale compenso articolare è totale




FRATTURE DEL CONDILO MANDIBOLARE: ORIENTAMENTI TERAPEUTICI

di S. Scotto di Clemente

mandibolaPER LA SUA PARTICOLARE MORFOLOGIA, il condilo è la regione meno resistente di tutta la mandibola e circa il 30-35% di tutte le fratture mandibolari sono localizzate a questo livello. La sintomatologia, nelle fratture condilari isolate, in genere non è molto eclatante. I pazienti possono lamentare dolori localizzati nella regione preauricolare, limitazione dolorosa dell’apertura della bocca, alterazioni della normale occlusione e difficoltà nella masticazione; si può, inoltre, frequentemente osservare una ferita lacero-contusa a livello del mento. [FIG. 1]
Per la conferma diagnostica della frattura, l’esame radiografico risulta essere fondamentale. L’ortopantomografia e la radiografia del cranio in proiezione postero/anteriore, danno in genere una buona visione della regione condilare e sono in grado di individuare il più delle volte la presenza di una frattura [FIG. 2, 3]. Talvolta risulta essere utile eseguire una T.C. condilare per individuare lesioni che possono sfuggire alle indagini radiologiche di base [FIG. 4]; la RMN viene eseguita nei casi in cui si sospettano lesioni dei tessuti molli articolari [menisco, capsula, legamenti].

[Fig.1]
Fig. 1 La sintomatologia, nelle fratture condilari isolate, in genere non è molto eclatante. I pazienti possono lamentare dolori localizzati nella regione preauricolare, limitazione dolorosa dell’apertura della bocca, alterazioni della normale occlusione e difficoltà nella masticazione; si può, inoltre, frequentemente osservare una ferita lacero-contusa a livello del mento.

[Fig.2]

[Fig.3]
Fig. 2-3 Per la conferma diagnostica della frattura, l’esame radiografico risulta essere fondamentale. L’ortopantomografia e la radiografia del cranio in proiezione postero/anteriore, danno in genere una buona visione della regione condilare e sono in grado di individuare il più delle volte la presenza di una frattura

[Fig.4]
Fig. 4 Talvolta risulta essere utile eseguire una T.C. condilare per individuare lesioni che possono sfuggire alle indagini radiologiche di base
Se non diagnosticate o se inadeguatamente trattate, tali fratture possono condurre ad una serie di complicanze immediate o tardive; tra queste ricordiamo: i disturbi della crescita [possono produrre vere e proprie dismorfie facciali], vari gradi di riduzione della funzione articolare [anchilosi dell’articolazione nei casi più gravi], l’osteoartrite, lussazioni ricorrenti, malocclusioni.
Il trattamento si differenzia, sotto certi aspetti, in misura notevole da quello di altre lesioni traumatiche del distretto maxillo- facciale. Difatti, mentre nelle altre fratture, la riduzione e la contenzione vengono considerate requisito fondamentale al fine di ottenere la restituito ad integrum, nelle fratture del condilo mandibolare non è sempre necessario effettuare una riduzione ed una contenzione anatomicamente corrette dei frammenti. Il condilo, infatti, anche se fratturato può guarire in modo indiretto garantendo comunque un buon risultato funzionale indipendentemente dal ripristino della continuità ossea e dell’anatomia originaria. Lo scopo fondamentale della terapia è quindi, il ripristino funzionale [R.V. Walker, 1994]:
• Sufficiente range di movimenti mandibolari in relativa assenza di dolore
• Buona occlusione
• Simmetria mandibolare.
I due principali orientamenti terapeutici sono quello conservativo [non chirurgico] e quello chirurgico. La terapia conservativa, che permette ottimi risultati funzionali, è anche quella più frequentemente utilizzata; la chirurgica è generalmente adottata nei casi in cui non è possibile avvalersi di un trattamento conservativo o in cui esso non garantirebbe un’adeguata restituito ad integrum.
In ogni caso sia, di fronte ad un paziente con frattura condiloidea, bisogna tener conto di alcuni fattori legati sia al paziente sia alla lesione:
• Età del paziente;
• Sede di frattura;
• Posizione del condilo;
• Stato di salute del paziente;
• Lesioni concomitanti;
• Presenza di denti;
• Stato dei denti;
• Facilità nell’ottenere un’adeguata occlusione;
• Presenza di corpi estranei.
L’attenta valutazione di tali elementi fornisce l’indicazione verso l’una o l’altra terapia. L’età rappresenta un parametro di grande importanza nella scelta del piano terapeutico. Infatti, nei pazienti in età di crescita è stata evidenziata la gran capacità di recupero morfologico e funzionale del condilo fratturato, e a differenza degli adulti, nei bambini tale compenso articolare è totale. Per tale motivo, l’orientamento nel trattamento delle fratture condilari in età pediatrica, trova quasi tutti concordi verso un indirizzo conservativo, sfruttando le capacità di rimodellamento dello scheletro in crescita se sottoposto a stimoli funzionali normali [Moss, 1960]. La gestione delle fratture di condilo nel bambino, deve essere focalizzata nell’ottenere la miglior crescita possibile. L’intervento chirurgico essendo accompagnato inevitabilmente da formazioni di cicatrici, potrebbe sortire l’effetto opposto di inibire la crescita, potendo creare più danni che benefici. Per tale motivo nel paziente in crescita, non esistono indicazioni alla chirurgia finché non c’è un ostacolo nella funzionalità mandibolare e più precoce è l’età, maggiore è l’indicazione per la terapia conservativa.
Se da un lato la gestione delle fratture condilari nei bambini, trova tutti concordi nell’adottare, nella maggior parte dei casi, la terapia conservativa, con l’aumentare dell’età [adolescenti ed adulti], per la difformità delle situazioni patologiche, esiste un ampio spettro di possibilità ed opzioni che conducono ad atteggiamenti diversi, in special modo in relazione alla terapia chirurgica.
La maggior parte degli Autori ha comunque accettato le considerazioni poste da Zide e Kent circa le indicazioni assolute e relative alla chirurgia delle fratture di condilo.
Così come furono schematizzate da Zide e Kent nel 1983, le indicazioni assolute [riguardanti sia adulti sia bambini] sono:
• Dislocazione del frammento prossimale nella fossa cranica media.
• Impossibilità di ottenere un’adeguata occlusione mediante terapia conservativa.
• Dislocazione laterale extracapsulare del condilo.
• Presenza di corpi estranei periarticolari [da rimuovere comunque].
• Impedimenti funzionali da parte del moncone fratturato dislocato [es.: per interposizione meccanica del condilo dislocato medialmente].

Le indicazioni relative [riguardanti solo gli adulti con dislocazione condilare e malocclusione] sono:
• Frattura bicondilare in paziente edentulo, in cui non sia possibile il bloccaggio intermascellare.
• Fratture condilari bilaterali associate a fratture comminute del terzo medio.
• Fratture condilari mono o bilaterali in cui il bloccaggio intermascellare o la fisioterapia siano impedite [es.: per particolari condizioni mediche, pazienti psichiatrici, etc.]
• Fratture bilaterali associate a perdita di numerosi elementi dentari o a gravi problemi gnatologici [es.: condizioni di grave open-bite, retrognazia, prognatismo, etc.]

Va comunque ricordato che queste restano proposte e non regole.

Sebbene la terapia conservativa resta quella maggiormente utilizzata, bisogna tener presente che in questi ultimi anni con l’evoluzione delle tecniche chirurgiche, sono venute meno molte delle controindicazioni al trattamento cruento [rischi anestesiologici, problemi infettivologici, difficoltà di accesso chirurgico e stabilizzazione ossea] che portavano a prediligere la terapia conservativa. Per tale motivo, nelle situazioni limite, oltre che nei casi di indicazione classica in questi ultimi anni c’è una certa tendenza a preferire il trattamento chirurgico. I principali vantaggi che offre la terapia chirurgica rispetto a quella non chirurgica consistono nella possibilità di ripristinare esattamente l’anatomia condilare e, nel caso siano utilizzate osteosintesi rigide, il bloccaggio intermascellare può essere ridotto o evitato.