Parodontite cronica
ed aspetti terapeutici
di E. Raimondo e L. Montella
La paradontite cronica, meglio conosciuta
con il suo appellativo popolare “Piorrea”,
è una patologia ormai estremamente diffusa
e di riconosciuta morbosità.
Da un’attenta revisione della letteratura internazionale
è facile comprendere l’estrema variabilità e complessità
sia sul piano eziologico, che sul piano patogeno di
questo disturbo, risulta quindi chiaro come il mondo
scientifico, nel corso degli anni, si sia arricchito di
classificazioni, tecniche diagnostiche e terapeutiche
che, in modo estremamente diverso, si occupano di
indagare e trattare lo stesso problema.
Se gli aspetti clinici con cui si manifesta la parodontite
cronica sono elencati nella Tabella1, dal punto di vista
del paziente affetto da questo problema, il principale
interesse è capire se esiste un modo per arrestare la
progressione della malattia e poter continuare a sorridere
e a mangiare.
Merita un maggior approfondimento per le implicazioni
cliniche, il meccanismo progressivo della malattia;
non è infrequente che, alcuni anni prima che la parodontite
cronica manifesti i suoi classici segni clinici, il
paziente sia affetto da una gengivite che alterna periodi
di manifesta infiammazione, a periodi di latenza e
che è caratterizzata da una variabile gravità con cui
interessa alcuni siti dentali, piuttosto che altri. Foto1
A prescindere dall’età d’insorgenza e dalla morbosità
della parodontopatia la prognosi prima o poi esita
nella perdita degli elementi coinvolti.Tabella1
Vi sono in letteratura prove convincenti a sostegno
del concetto che, il trattamento chirurgico della parodontite
cronica è un fattore di riconosciuta efficacia e,
numerosi studi a lungo termine, mostrano percentuali
ridotte di perdita dei denti (<0,1 denti persi/anno),
nei pazienti affetti da parodontite e sottoposti a terapia
e a un buon mantenimento (Lindhe e Nyman, 1984;
Nabers e coll., 1988).
I pazienti che dopo la terapia non praticano cure di
mantenimento presentano una percentuale doppia
di denti persi per anno (0,2 denti/anno), (becker e
coll., 1984), mentre i pazienti non trattati hanno una
perdita di circa 0,6 denti/anno (Becker e coll., 1979).
Pertanto appaiono sostanziali i risultati a favore dell’idea
secondo cui la terapia parodontale e le successive
terapie di mantenimento sarebbero di beneficio per
conservare la dentatura. La terapia che si effettua in
caso di parodontopatia cronica, consta di varie fasi e
prende il nome di terapia causale.
| TABELLA 1
CARATTERISTICHE CLINICHE DELLA PARODONTITE CRONICA
• INFIAMMAZIONE GENGIVALE
• SANGUINAMENTO AL SONDAGGIO
• PERDITA DI ATTACCO CLINICO E DI OSSO ALVEOLARE
• AUMENTO O RECESSIONE DEL VOLUME GENGIVALE
• ESPOSIZIONE DELLE FORMAZIONI RADICOLARI
• AUMENTATA MOBILITÀ DEI DENTI
• PERDITA DEI DENTI
|
Gli obiettivi della terapia causale sono : l’eliminazione
dei depositi batterici sopra e sottogengivali, la prevenzione
ad un loro nuovo insediamento sulle superfici
dentali. Tali risultati sono perseguiti tramite le seguenti
linee guida:
- Corretta motivazione del paziente che deve esser
istruito al fine di comprendere la malattia dentale e
parodontale e acquisire le corrette tecniche di controllo
dell’igiene quotidiana.
- Rimozione meccanica del tartaro e levigatura delle
radici infette.
- Rimozione di fattori aggiuntivi di ritenzione della
placca, come margini debordanti delle ricostruzioni
o corone con margini carenti ecc.
Durante la prima fase si interviene in modo da ridurre
il livello d’infiammazione dei tessuti gengivali mediante
manovre di rimozione della placca (igiene mediante
ultrasuoni, curettage cielo chiuso). Successivamente,
circa dopo 30 giorni, se necessario, mediante incisione
chirurgica si esegue un lembo; il lembo permette di
separare il tessuto gengivale da quello osseo e di procedere
alla rimozione del tessuto di granulazione
infetto che riempie i crateri che si sono formati a
causa della malattia stessa attorno ai denti. Foto 2
Esistono varie tecniche chirurgiche più o meno invasive
che vengono scelte in base alle caratteristiche di
spessore gengivale del paziente, al livello di estensione
della parodontopatia ed in relazione alle preferenze e
all’esperienza dell’operatore.
Durante i primi 5 -7 giorni post-intervento, l’uso dello
spazzolino, oltre che doloroso, ostacola la corretta
guarigione dei tessuti. Per questo motivo, durante tale
periodo è consigliabile far ricorso a sistemi di controllo
chimico della placca, come mostrato nel Riquadro 1.
I settori non coinvolti nelle manovre chirurgiche
devono comunque esser accuratamente mantenuti
puliti tramite le consuete manovre di spazzolamento.
Con una discreta variabilità, l’esito del trattamento
determina una diminuzione della mobilità dentale,
una guarigione della gengiva marginale, una interruzione
della progressione della patologia, ma ha come
effetto collaterale l’insorgenza di una recessione apicale
dei tessuti gengivali e la comparsa di triangoli neri
nella zona della papilla, definiti “black space”, che
implicano una delle condizioni più antiestetiche nella
composizione dentale.
In conclusione, sebbene la terapia chirurgica consenta
di interrompere il meccanismo di necrosi dei tessuti
parodontali e di ottenere un variabile livello di guarigione
gengivale, spesso è necessario ricorrere successivamente,
ad una terapia protesica, al fine di restituire
al paziente un’estetica adeguata.
| RIQUADRO 1
SCHEMA TERAPEUTICO DI IGIENE ORALE
SEGUITO PRESSO LA “MEDICAL TEAM”
PER I 15 GIORNI SUCCESSIVI AL TRATTAMENTO
PARODONTALE.
Pr. Clorexidina colluttorio 0,2
S. Sciacqui di almeno 30 sec. Senza risciacquare
1 volta la mattina, dopo colazione
1 volta durante il giorno, dopo pranzo
Pr. Acqua Ossigenata e acqua tiepida in parti uguali
S. Sciacqui di almeno 60 sec., senza risciacquare
1 volta la sera, dopo cena
|
Foto 1 - prima che insorga una franca parodontopatia il paziente è di solito affetto da una gengivite di variabile gravità. |
Foto 2 - la terapia chirurgica ha come scopo l’eliminazione del tessuto infetto della tasca. In questa foto è visibile come la progressione della tasca esiti nella perdita di sostegno osseo del dente provocando un aumento 1 2 della mobilità |
BLIOGRAFIA
- A surgical procedure for periodontal pocket elimination: revised Crane-Kaplan technique. KAPLAN H, MILOBSKY L.
Oral Surg Oral Med Oral Pathol. 1951 May;4(5):546-60.
- Case of periodontosis as a clinical entity.Baer (1971) The. Journal of clinical periodontology
- Comparison of two different gingivectomy techniques for gingival cleft treatment. Malkoc S, Buyukyilmaz T, Gelgor I, Gursel M. Department of Orthodontics, Faculty of Dentistry, Selçuk University, Campus Konya, Turkey. siddikmalkoc@yahoo.com Med Oral Patol Oral Cir Bucal. 2005 Mar-Apr;10(2):151-62.
- Effect of non-surgical periodontal therapy Badersten, Nilveus, EGELBERG (1984).. Journal of clinical periodontology
- Glickman’s clinical peroidontology Carranza (1990)
- Removal of hyperplastic lesions of the oral cavity. A retrospective study of 128 cases. Tamarit-Borrás M, Delgado-Molina E, Berini-Aytés L, Gay-Escoda C. Facultad de Odontología, Universidad de Barcelona, Barcelona
- Surgical gingivectomy in periodontal disease. SPIEGEL G. U S Armed Forces Med J. 1951 Mar;2(3):393-7.
- Unusual gingival enlargement with aggressive periodontitis: a case report.Vishnoi SL, Phadnaik MB. J Contemp Dent Pract. 2010 May 1;11(3):049-55
- Universal gingivectomy knife using Bard-Parker blades. BLAKE GC. Br Dent J. 1950 Nov 21;89(10):226-7.
|