I
dieci comandamenti di San Camillo De Lellis
Per
gli operatori sanitari
di Don Primo Martinuzzi
Da questo numero
di MTM, ci sarà sempre una pagina dedicata ai problemi di
etica medica e di formazione spirituale rivolta ai medici, alla
luce dell’insegnamento illuminante del Santo Padre e del Magistero
della Chiesa. Questo servizio sarà curato dal collega Don
Primo Martinuzzi, che dopo aver lavorato per nove anni come massimalista
nella medicina generica in provincia di Padova e da specialista
in psichiatria dal 1982, dal 1991 è sacerdote e teologo della
vita consacrata e quindi svolge un prezioso lavoro di formazione,
integrando le competenze scientifiche con quelle teologico-spirituali.
Attualmente parroco in una piccola parrocchia della diocesi di Palestrina
[Roma], è sociofondatore dell’Associazione dei Medici-Consacrati
e animatore spirituale del Movimento Diaconia Medica Missionaria.
Il collega Don Primo si è reso anche disponibile in questa
pagina a rispondere a tutti quei quesiti che i nostri lettori vorranno
rivolgergli a riguardo delle tematiche da lui trattate. Verrà
perciò curata da lui e pubblicata in questa pagina della
rivista anche una piccola rubrica: Colloquio con i lettori.
La Redazione
Io sono il malato
tuo signore e padrone
1. Onorerai
la dignità e la sacralità della mia persona;
2. Mi servirai come madre affettuosa e tenerissima
con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza, con tutta la
fantasia,
con tutte le forze e con tutto il tuo tempo;
3. Ricordati di dimenticare te stesso;
4. Non nominare il nome della carità invano.
Parlerai di preferenza con i piedi, le ginocchia e soprattutto con
le mani;
5. Non commettere distrazioni;
6. Non uccidere la mia speranza con la fretta,
l’irritazione, l’impazienza;
7. Non rinchiudermi in una cartella clinica e non
nasconderti dietro il ruolo professionale;
8. Non sconsacrare il tuo cuore con il pensiero
del denaro;
9. Desidera fortemente la mia guarigione;
10. Non esitare ad impossessarti della mia sofferenza.
Quando non puoi togliermi il dolore, almeno condividilo;
E quando avrai fatto tutto quello che devi fare, quando sarai stato
ciò che devi essere,
quando non ti sarai tirato indietro di fronte a niente, …
non scordare di ringraziarmi.
Nella relazione terapeuta-paziente,
c’è uno scambio di doni naturali e soprannaturali,
dei quali quelli apportati dal paziente sono generalmente superiori
a quelli del terapeuta: tra essi il dono della sofferenza a favore
di tutta la Chiesa e, quindi, anche del terapeuta che della Chiesa
ne fa parte dal giorno del suo battesimo. Dice infatti S. Paolo:
«Completo nella mia carne ciò che manca alla Passione
di Cristo a favore del Suo Corpo che è la Chiesa» [Lettera
ai Colossesi 1, 24]. C’è poi il dono della remunerazione,
della qualificazione ed esperienza professionale, della testimonianza
umana ricca di sensibilità e di ogni virtù, rese a
volte eroiche dalla sopportazione dell’acuta sofferenza che
nel caso della malattia psichica, soprattutto, può portare
il paziente a togliersi la vita. È Gesù stesso, presente
nella persona del sofferente, che benefica chi si avvicina a Lui
con amore nella relazione terapeutica: «Ero malato e mi avete
visitato» [Vangelo di Matteo 25, 36].
Messaggio
di Giovanni Paolo II al XXIII Congresso Nazionale dell’Associazione
Medici Cattolici Italiani [Roma, 6 novembre 2004]
L’unica risposta veramente umana difronte alla sofferenza
altrui è l’amore che si prodiga nell’accompagnamento
e nella condivisione.
«Nella vostra opera di salvaguardia e di promozione della
salute, non trascurate mai la dimensione spirituale dell’uomo.
Se cercando di guarire e di alleviare le sofferenze, avrete ben
presente il senso della vita e della morte e la funzione del dolore
nella vicenda umana, riuscirete ad essere autentici promotori di
civiltà.
Nella nostra società prevale a volte una mentalità
arrogante, che pretende di discriminare tra vita e vita, dimenticando
che l’unica risposta veramente umana di fronte alla sofferenza
altrui è l’amore che si prodiga nell’accompagnamento
e nella condivisione. Purtroppo, come in tante altre attività
umane, anche nella medicina, il progresso scientifico, se da una
parte rappresenta uno strumento formidabile per migliorare le condizioni
di vita e di benessere, dall’altra può anche essere
asservito alla volontà di sopraffazione e di dominio. La
ricerca scientifica, per sua propria natura orientata al bene dell’uomo,
rischia allora di smarrire la sua vocazione originaria. Nessun tipo
di ricerca può ignorare l’intangibilità di ogni
singolo essere umano: violare questa barriera significa aprire le
porte a una nuova forma di barbarie. Cari Medici, la visione cristiana
del servizio al prossimo sofferente non può che giovare all’esercizio
corretto di una professione di fondamentale rilevanza sociale. Anche
la ricerca biomedica attende di essere vivificata dall’ispirazione
cristiana per contribuire sempre meglio al vero benessere dell’umanità.
Negli ospedali o nei laboratori siate fieri dell’identità
cristiana, che vi ha caratterizzato in questi sessant’anni
di servizio ai malati e di promozione della vita. Sappiate riconoscere
in ogni ammalato lo stesso Cristo. All’apporto insostituibile
della vostra professionalità aggiungete il “cuore”,
che solo è in grado di umanizzare le strutture. Vivificate
il servizio con la preghiera costante a Dio, “amante della
vita” [Sap 11, 26].
Per commenti e domande:
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