MTM n°11
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 4 - Numero 1 - gen/apr 2005
Attualità - ricerca scientifica
 


Dott. Ernesto Iusi
Dott. Ernesto Iusi

Anno 4 - Numero 1
gen/apr 2005


 


Arrivano gli occhi bionici
Londra, presentati i tecno-occhiali che ridonerebbero parzialmente la vista ai non-vedenti
di Ernesto Iusi

Esistono ancora molti dubbi sulla reale portata dell’invenzione. Partita da Londra la notizia della scoperta di un occhio artificiale, capace di restituire “parzialmente” la vista ai non vedenti, ha fatto in pochi giorni il giro del mondo. Annunciata dal quotidiano londinese della sera Evening Standard come un miracolo della nanotecnologia, rappresenta ancora un prototipo in fase sperimentale e a tutt’oggi priva di applicazioni sull’essere umano. La stessa direttrice del Royal National Institute for the Blind consiglia di tenere sotto cautela ogni forma di entusiasmo: «Si tratta di una grande conquista tecnologica, potenzialmente destinata a cambiare la vita di migliaia di persone. Dobbiamo tuttavia essere anche consapevoli che siamo ancora lontani da un prodotto definitivo e di provata efficacia». Il dispositivo, composto da una videocamera e da un microcomputer installati su speciali occhiali che il paziente deve indossare, ha lo scopo di stimolare i nervi ottici al fine di far credere al cervello umano che l’occhio funzioni regolarmente. La videocamera filma un immagine, di una persona o di un oggetto, le codifica, quindi le trasmette via wireless a un microchip inserito nel bulbo oculare. Il microchip ha il compito di stimolare le terminazioni nervose dell’occhio, le quali così inviano impulsi al cervello, dove si viene a formare l’immagine raccolta dalla videocamera. In questo modo, naturalmente, il cervello può ricostruire soltanto approssimativamente l’immagine originariamente catturata dall’apparecchio: «Ma sebbene le figure così ricreate non siano particolarmente esatte - nota l’Evening Standard - esse sono comunque abbastanza chiare per consentire il riconoscimento di volti e di determinati oggetti». La notizia è inoltre giunta simultaneamente all’annuncio che un prototipo di occhio bionico, tecnicamente molto vicino a quello appena descritto, era stato sperimentato con successo sui topi da ricercatori dell’Università di Stanford in Usa.
Occhi bionici a parte. Degna di nota è infine la notizia della scoperta del gene della miopia diffusa da un gruppo di scienziati britannici. Un’epidemia mondiale, come la definiscono gli esperti, che interessa circa 17 milioni di italiani, almeno un europeo su quattro e fino ai due terzi degli orientali. Si chiama Pax6, ed è il gene, secondo questi scienziati, attraverso cui è possibile spiegare il 90% dei casi di predisposizione alla cosiddetta vista corta. A comunicare il risultato è stato Chris Hammond del Saint Thomas Hospital di Londra: «I motivi che inducono la miopia- spiega lo scienziato- sono principalmente legati alle suscettibilità genetiche del Pax6, benché anche alcuni fattori ambientali possano avere un ruolo». Il ricercatore è convinto che, alla luce dei nuovi studi, «la chimica biomolecolare potrà riservare risposte importanti alla guarigione della malattia».


Una cellula [in questo caso neuronale]
sopra un chip di silicio,
al microscopio elettronico.

Piccoli robot crescono e imparano a camminare

Addio automi tutti cervello di silicio e muscoli d'acciaio… I robot del futuro potrebbero avere “muscoli” veri. All'università di Los Angeles un team di scienziati guidati da Carlo Montemagno hanno sperimentato il primo nanorobot capace di muoversi, o meglio strisciare, grazie a veri e propri muscoli, cresciuti a partire da cellule di mammiferi.
I ricercatori sono infatti riusciti a far crescere delle cellule prelevate dal cuore di un topo, sullo scheletro di alcuni microchip di silicio. Hanno creato un nano robot capace di spostarsi da solo. Più simile a una termite che a Terminator. nanorobot, lunghi meno di un millimetro, sono ricoperti di cellule muscolari, alimentate da una soluzione di zuccheri, che si contraggono ritmicamente spostando minuscole gambe. In altre parole si muovono come se fossero vivi, anzi sono vivi. «I dispositivi che abbiamo creato sono vivi - sottolinea Montemago - le cellule crescono, si moltiplicano e si assemblano formando così la struttura del dispositivo stesso, senza nessun intervento esterno». Ma a cosa possono servire tanti microscopici “esseri” meccanici viventi? Benché sia tutto ancora in fase di sperimentazione si pensa che potrebbero essere usati in alcuni dispositivi in miniatura, come i generatori elettrici che alimentano i chip dei computer. Gli scienziati californiani hanno anche creato un microrobot con due minuscole zampe, simili a quelle di una rana, capaci di muoversi e piegarsi grazie a delle giunture meccaniche, alimentate dalle cellule e senza bisogno di alcuna alimentazione esterna.
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