La
Morte
Il lutto viene vissuto in privato, lontano dalla
società che rifiuta il dolore.
Bisogna far ritorno alle origini perché i nostri antenati
ci ingnino come affrontare la morte.
di Anna Bagnowska
La
morte sin dall’antichità era seguita da riti funebri
che riflettevano le credenze religiose. Il concetto dell’aldilà
assicura l’uomo, il quale soffre all’idea della fine
completa dell’esistenza. Così gli antichi Romani pagavano
la prefica per accompagnare un funerale con pianti, grida e lamenti.
Gli Egizi praticavano delle tecniche accurate dell’imbalsamazione
estraendo tutti gli organi tranne il cuore. In genere, il defunto
era provvisto da diversi oggetti utili nel viaggio estremo: una
candela, qualche moneta o un pettine. Al medesimo rito assisteva
tutta la famiglia o perlopiù tutta la comunità. Il
Cristianesimo induce nuove pratiche legate all’istituzione
ecclesiastica come l’estrema unzione. La morte di oggi è
tabuizzata. Si muore più delle volte in solitudine all’interno
dell’ospedale. Essa perde la sua immagine allegorica già
nell’800 e finalmente diventa non più “addomesticata”
ma ripugnante nel 900. Lo sviluppo della civilizzazione non va al
passo con la maturazione spirituale di un singolo accelerando i
tempi di riflessione. Il rito che una volta familiarizzava l’argomento
così ignoto all’uomo, viene a mancare. La religione
si misura con la scienza nella accesa discussione sull’eutanasia.
Nella società di consumo, il culto della bellezza e le feste
come Halloween stanno cancellando il pensiero della morte. Il lutto
viene vissuto in privato, lontano dalla società che rifiuta
il dolore. Bisogna far ritorno alle origini perché i nostri
antenati ci insegnino come affrontare la morte. In un antico villaggio
della Polonia la Morte appare di sera bussando tre volte alla finestra
e chiama il nome della persona morente. Può essere una vecchia,
ossuta, pallida donna in veste bianca o una vecchietta del villaggio.
Queste due figure hanno origine dal sincretismo delle concezioni
del mondo cristiane e barbariche. In Polonia la cultura dei riti
funebri sposa le credenze slave con quelle cristiane. Di conseguenza,
la morte si spiega come una punizione per il peccato originale.
D’altronde, alcune leggende razionalizzano a modo proprio
la necessità di morire. Ecco un esempio: per nove anni la
Morte è stata rinchiusa in una tabacchiera di un Lettone;
un giorno la Terra comincia a lamentarsi con Dio perché la
liberi dal peso di tutti gli uomini che porta; così Dio fa
ritornare la Morte. Gli slavi praticavano la cremazione dei corpi
credendo nel valore purificante del fuoco [la pratica abolita dalla
Chiesa]. Altre usanze sono state adottate come L’annegamento
della Marzanna [un fantoccio decorato in modo particolare che simboleggia
la morte]. Il pupazzo viene bruciato e buttato nel fiume per richiamare
la primavera. Questa tradizione, ben viva oggigiorno si traduce
nella concezione cosmologica dell’esistenza come un ciclo
delle stagioni. La morte è vista come il fine naturale del
ciclo della vita. In Slesia si usa ancora accendere una candela
benedetta in casa per commemorare il morto. Più superstiziosi
coprono gli specchi con dei panni per paura che la morte possa portare
con se qualcun altro.
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