Duloxetina
Cloridrato - Bilanciamento dei neurotrasmettitori la nuova frontiera
contro la depressione
La nuova molecola non si basa sull’inibizione selettiva di serotonina o noradrenalina ma sul ristabilimento del loro equilibrio
di Andrea Amarone
Per
depressione si intende un calo persistente dello stato umorale caratterizzato
da una sensazione di tristezza e sfiducia verso il futuro, il quale
si va a riflettere sia nell’ambiente familiare che in quello
lavorativo. I sintomi sono di tipo psichico e fisico: mentre i primi
sono ben noti sui secondi, spesso di origine psicosomatica, c’è
maggiore difficoltà di riconoscimento. Per ciò che
riguarda la diagnosi esiste un protocollo che raccoglie i criteri
generalmente accettati riguardanti sia l’aspetto psicologico
che quello fisico, il DSM-IV-TR-Manuale diagnostico e statistico
dei disturbi mentali. Chiaramente, ai fini di una corretta analisi,
non è sufficiente l’applicazione di un protocollo ma
è bensì centrale il rapporto medico-paziente: ciò
è valido in particolare per la valutazione dei sintomi fisici,
troppo spesso trascurati e il cui riconoscimento è fondamentale
per una corretta prognosi.
Secondo la teoria biochimica la depressione è determinata
da anomalie nei sistemi di neurotrasmissione, generalmente con deficit
di uno dei due principali neurotrasmettitori, serotonina [5-HT]
o noradrenalina [NA]: questi ultimi intervengono nella regolazione
dell’umore attraverso le vie ascendenti, dal mesencefalo al
sistema limbico e alla corteccia prefrontale.
Alla
serotonina sono ricondotti alcuni sintomi della depressione, come
aggressività, appetito e riduzione dell’attività
sessuale, alla noradrenalina altri come la concentrazione e il calo
di interessi e motivazioni. Tuttavia alcuni sintomi, come la deflessione
dell’umore, l’ansia, il dolore e la perdita di energia,
non sono chiaramente riconducibili a una piuttosto che all’altra.
Le molecole incaricate alla cura prima dell’arrivo della duloxetina
[ad esempio la fluoxetina] erano di tipo triciclico e avevano la
caratteristica di inibire in modo selettivo la ricaptazione di serotonina.
Il comportamento della duloxetina è invece quello di un’azione
bilanciata. La molecola in questione ha un grado di affinità
analogo verso i trasportatori neuronali serotoninergici e noradrenergici,
i quali vanno a influire sulla percezione del dolore da parte delle
strutture corticali: ciò comporta che la duloxetina non vada
ad inibire un trasmettitore piuttosto che l’altro, ma semplicemente
a bilanciare eventuali squilibri presenti.
L’efficacia della molecola è stata confermata da trial
clinici multicentrici, randomizzati, in doppio cieco verso placebo
o altri farmaci di controllo: in particolare è stata riscontrata
una sensibile diminuzione di sintomi fisici dolorosi nei soggetti
che avevano assunto la duloxetina, cosa che non è avvenuta
con il placebo.
L’efficacia riscontrata è risultata maggiore di quelle
generalmente ottenute da molecole classiche come paroxetina e fluoxetina,
con una probabilità di remissione sensibilmente più
alta, seppur in presenza di maggiori controindicazioni rispetto
ai suoi predecessori.
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