MTM n°27
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 10 - Numero 1 - dic 2010/feb 2011
Cultura - Sfide
 


Antonio Mancuso
Antonio Mancuso


Anno 10 - Numero 1
dic 2010/feb 2011

 

Per ottenere risultati soddisfacenti, oltre a possedere buoni tempi di apnea, bisogna anche essere in grado di gestire adeguatamente la permanenza sott’acqua




PESCA IN APNEA: A TU PER TU CON LA PREDA
Nel numero di Settembre/Novembre scorso abbiano pubblicato un articolo riguardante l’immersione subacquea in apnea, passiamo, adesso, a parlare di pesca in apnea

Testi e foto di Antonio Mancuso

particolare durante una battuta di pesca in apneaLa pesca in apnea, è una attività di prelievo ittico attuata con la tecnica dell’immersione senza l’ausilio di attrezzature autonome di respirazione. Inizialmente è stata esercitata dall’uomo essenzialmente per procurarsi il cibo ma, successivamente, è servita anche per raccogliere conchiglie per colorare i tessuti (la famosa porpora delle vesti degli antichi romani), spugne per la pulizia e perle per scambi commerciali. La sua evoluzione nella forma moderna, tuttavia, è avvenuta nell’ultimo secolo grazie alle innovazioni nelle tecniche e nelle attrezzature subacquee. Storicamente denominata “pesca subacquea”, la trasformazione nell’attuale nome è stata fatta per sottolinearne il valore sportivo e la sostanziale differenza rispetto a quella effettuata, negli anni passati, con gli autorespiratori, oggi vietati per l’esercizio di questa attività. L’estrema sportività di tale disciplina è dovuta al fatto che l’immersione si svolge trattenendo il respiro e, in queste condizioni, si vanno ad insidiare prede che vivono libere nel loro habitat naturale. Tutto ciò, di conseguenza, richiede una preparazione atletica specifica e un’ottimale stato di salute.
Sebbene, per sommi capi, l’azione di pesca possa essere schematizzata in poche fasi: preparazione in superficie, discesa, avvicinamento alla preda, tiro e risalita, la pesca in apnea è un’attività estremamente complessa poiché, per ottenere risultati soddisfacenti, oltre a possedere buoni tempi di apnea, bisogna anche essere in grado di gestire adeguatamente la permanenza sott’acqua. L’atleta, in pratica, deve avere, allo stesso tempo, una particolare attitudine ad adattarsi all’ambiente marino e una profonda conoscenza delle abitudini delle specie ittiche; qualità, queste, che, naturalmente, si possono affinare con l’esperienza. Ma la caratteristica che rende la pesca in apnea speciale è che si tratta dell’unica forma di prelievo ittico di tipo selettivo in quanto è la sola che offre la possibilità di vedere, e quindi scegliere in funzione della specie e della dimensione, la preda che si intende catturare.
I fondali adatti per praticarla sono prevalentemente rocciosi, ma gli atleti più preparati riescono ad ottenere risultati lusinghieri anche in altri tipi di siti, come le praterie di posidonia (Posidonia oceanica) e in tutti quei luoghi dove la monotonia del substrato è interrotta da rocce solitarie, relitti e quanto altro. Le quote d’esercizio sono comprese generalmente tra la superficie e i primi 15-20 metri, ma un ristretto numero di apneisti particolarmente dotati è in grado di pescare con continuità oltre i 30 metri e raggiungere perfino profondità prossime a 40-50 metri.
Il notevole impegno fisico richiesto e il fatto che essa sia condotta in un ambiente ostile all’uomo, limitano il numero di praticanti, ma c’è da rilevare che con l’affermarsi di particolari tecniche di pesca, come l’aspetto e l’agguato, che premiano la difficoltà della singola cattura o quella di esemplari di mole, attirano un sempre crescente numero di praticanti facendo sì che essa si configuri come una forma di prelievo ittico tra le più affascinati e, al contempo, particolarmente avvincente.
un particolare dopo la catturaun momento della discesa


SENSAZIONI DI UN PESCATORE IN APNEA

Plano silenzioso verso il fondo: il blu intenso mi avvolge. Sento di essere a posto mentalmente, rilassato, e questa magica atmosfera di suoni lontani, ovattati, mi incanta.
Il tempo sembra fermarsi. Sono solo le pulsazioni ritmiche del battito cardiaco a mantenermi in contatto con la realtà; a scandire il passare dei secondi.
Sono in pace con me stesso, e non è certo la ricerca della preda a farmi stare bene. È questa affascinante avventura che si rinnova ad ogni tuffo, ad appagarmi.
L’apnea ha il suo fascino discreto e la pesca in apnea diventa il tramite per raggiungere una tranquillità interiore, che difficilmente troverei altrove.
Che sia una lunga attesa appostato sul fondo, un agguato portato strisciando tra le rocce sommerse, la ricerca della tana abitata dalla quale prelevare solo qualche esemplare, di sicuro è che la pesca in apnea mi coinvolge intensamente.
Il rispetto di un mondo che non può appartenermi, perché troppo distante da quello della mia quotidianità, è la linea guida di questa passione che mi fa sentire a stretto contatto con la natura più intima.
Non è una prova di forza la mia; non potrebbe certo esserlo. È il confrontarmi con un ambiente che, per quanto possa sforzarmi di appartenervi, non potrà mai essere completamente mio. L’acquaticità, o ancor di più la sub-acquaticità, mi permettono di avvicinarmi ad esso, di sentirmi una sua minuscola parte; ma il suo dominio è indiscusso.
La pesca in apnea diventa, così, l’alibi per vivere sempre nuove emozioni.
E non è certo il prelievo selettivo di qualche esemplare ittico a farmi sentire il depauperatore della fauna ittica che altri, invece, continuano a distruggere inesorabilmente.
E così mi confronto con un ambiente sotto molti aspetti a me ostile, dentro il quale insidio esseri evolutisi specificamente per svolgere in esso la loro esistenza. Un confronto, il mio, che a volte vede la mia affermazione ma che, molto più spesso, mi vede perdente. Certo, è la cattura “ad effetto” a darmi appagamento; che mi inorgoglisce. Non rientra, invece, nella mia filosofia la cattura di prede prevedibili, che non esaltano il vero gesto sportivo.
Per raggiungere questo obiettivo mi ingegno, curo la mia preparazione, cerco di ottimizzare la mia attrezzatura, di entrare in simbiosi con essa. Ed ecco, quindi, che mi mescolo tra le rocce e le posidonie, quasi a confondermi con esse. Resto in attesa, mentre l’arma che impugno non è solo la prolunga del mio braccio, ma anche della mia mente. Scruto il blu allo scopo di cogliere un indizio che mi indichi la direzione dalla quale si materializzerà l’esemplare regale che vorrei catturare. O, ancora, scivolo discreto, quasi a fondermi con le rocce del fondo, per affacciarmi dietro quel masso che, presumibilmente, nasconde alla mia vista il branco di pinnuti obiettivo del mio agguato. E, infine, mi trasformo in minatore, per inseguire la grossa sagoma che, con una potente scodata, ha raggiunto i recessi più nascosti del suo rifugio di roccia.
E quando è la freccia ad avere la meglio, non sarà certo un’esplodere di squame a suggellare la mia affermazione, ma la consapevolezza di aver vissuto ancora una volta, da protagonista, una splendida avventura nel continente sommerso…