MTM n°28
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 11 - Numero 1 - gen/apr 2012
Cultura - Filosofia
 


Ilario Santostefano
Ilario Santostefano

Anno 11 - Numero 1
gen/apr 2012

 

Il finito presuppone l'infinito affinché tutto non sia caos, disordine; niente potrebbe generarsi ed anche se si generasse sarebbe necessariamente condannato al niente


L'acqua, è un elemento terreno, mondano, ciò vuol dire che l'eternità è una dimensione dell'universo, della natura, tutto essendo natura è, è stato e sempre sarà: l'acqua è, è stata e sempre sarà, in eterno ed ogni cosa distruggendosi ritorna nella dinamicità circolare dell'infinito




RIFLESSIONI SU TALETE
Diogene Laerzio: «Riteneva (Talete) che l'acqua fosse il principio che era alla base di tutte le cose e considerava il mondo animato e pieno di demoni»
di Ilario Santostefano

L'acqua è, è stata e sempre saràRIFLETTIAMO SU QUANTO DIOGENE LAERZIO ci tramanda. Le cose, tutte le cose, hanno un principio, questo principio per essere tale deve essere eterno, non mortale, altrimenti tutta quanta la realtà non potrebbe generarsi; la nascita delle cose presuppone l'immortalità della causa della generazione, se questo non dovesse verificarsi tutto sarebbe soggetto al nulla e dal nulla non potrebbe nascere nulla. Solo assumendo una realtà che rimane sempre identica a se stessa può scaturire l'origine di ogni cosa mortale. Il finito presuppone l'infinito affinché tutto non sia caos, disordine; niente potrebbe generarsi ed anche se si generasse sarebbe necessariamente condannato al niente. Per Talete ci doveva essere da sempre una causa, una verità che dovesse sostenere l'universo e tutti gli esseri che ne facevano parte, senza esclusione, le cose animate come quelle inanimate poiché se tutto aveva un principio niente si sarebbe esaurito nel nulla. Il nonessere nella sfera del principio non è, vengono all'essere le cose ma, per loro natura, ritornano eternamente nella dimensione dell'infinito. Se il tutto dell'essere è nel tutto della realtà allora questo non è altro che un rispecchiarsi di quello, così il mondo è animato (possiede un'anima immortale) e pieno di demoni (qui vi è la presenza ancora della visione e delle sensibilità mitiche). È questa la soluzione della contraddizione (come può un'anima immortale abitare in un corpo mortale). Solo supponendo l'eternità dell'essere si può affermare la finitezza stessa di esso.
un busto di Talete di MiletoSolo nel ritornare delle cose al principio che sempre è, è possibile sperimentare il venire all'essere del tutto. È un eterno ritorno che presiede al nascere e al distruggersi delle cose che sono. Ma c'è di più nella riflessione taletiana. Talete individua il principio nell'acqua. L'acqua, ora, è un elemento terreno, mondano, ciò vuol dire che l'eternità è una dimensione dell'universo, della natura, tutto essendo natura è, è stato e sempre sarà: l'acqua è, è stata e sempre sarà, in eterno ed ogni cosa distruggendosi ritorna nella dinamicità circolare dell'infinito.
Per Talete non esiste un principio trascendente ma immanente all'essenza stessa della natura; il "divino" è la natura, come tutto ciò che in essa è generato è pieno di dei perché riflette la divinità del principio: la sostanza di tutto è "acqua".
Riprendiamo ancora una volta il frammento di Diogene Laerzio su cui stiamo lavorando: «È famosa la storia del tripode che, tratto dal mare da alcuni pescatori, venne inviato ai sette sapienti dal popolo di Mileto. Si dice infatti che dei giovani Joni avessero acquistato da alcuni pescatori milesi il contenuto di una rete; una volta ritirata la rete ne uscì il tripode, che provocò una contesa. I Milesi mandarono allora ad interrogare l'oracolo a Delfi.
E il dio diede questo responso: «O Milesio, tu interroghi Febo sul tripode?/E io ti dico: appartiene a chi di tutti è il più saggio». Essi lo dettero allora a Talete. Questi lo inviò ad un altro dei sette sapienti, e questi ad un altro ancora, fino a Solone, il quale dichiarò infine che il più saggio di tutti era il dio e rimandò il tripode a Delfi». La storia del tripode pescato e che ritorna a Febo indica lo status del filosofo, del sapiente: solo il dio è sapiente, il filosofo appunto non è che un amante della sapienza, il più sapiente è il dio.
A questo punto esaminiamo un frammento tratto dalla Metafisica di Aristotele: «Dei primi filosofi, i più hanno pensato che vi siano solo principi materiali delle cose.
Ciò da cui le cose hanno il loro essere e da cui si originano e in cui corrompendosi si risolvono- poiché la sostanza permane pur mutando negli accidenti -dicono sia l'elemento primordiale e, essa sostanzia, il principio delle cose; per questo pensano che niente si generi o perisca in assoluto, dato che tale sostanza permane in eterno». Questa affermazione aristotelica è il cardine intorno a cui ruota tutta la filosofia. Innanzitutto è certo che Talete pose l'acqua quale principio materiale, immanente all'essere delle cose; inoltre, la realtà del principio, dell'origine aveva in sé una conseguenza che sarebbe divenuta di capitale importanza per tutta la riflessione filosofica successiva. Le cose, tutte le cose, sono finite, hanno un'origine come l'esperienza ci attesta. Se tutto rimanesse a questo stadio tutto sarebbe finito, tutto originandosi si corromperebbe, non ci sarebbe più la continuità della vita nell'universo perché non esisterebbe più un principio da cui le cose potrebbero venire all'essere, ma siccome l'essere è, il nulla non è (perché c'è l'essere e non il nulla?) dall'esistenza di un principio si può inferire la permanenza nell'essere del principio stesso, in altri termini, la condizione dell'eternità è necessaria alla generazione delle cose. Solo un principio eterno, primordialmente eterno, poteva rendere ragione dei fenomeni. Se tutto dovesse nascere e perire in assoluto sarebbe preclusa la stessa dinamica di generazione e corruzione in quanto non esisterebbe nulla. L'elemento primordiale sostiene nell'essere tutto ciò che è, permanendo in se stesso eternamente. L'elemento materiale è eterno, quindi, la materia di cui è fatto è eterna. Strana contraddizione: i fenomeni sono finiti mentre ciò da cui provengono è infinito, dall'infinito il finito, dall'eterno il tempo.