SOLI E SUL LASTRICO,
LA CRISI MORDE I PAPÀ SEPARATI
INTERVISTA A GIORGIO CECCARELLI
A Roma è nata la prima casa dei "padri separati"
di Alessandro Boero
NELL'ITALIA DEI NUOVI POVERI c'è una categoria
che sta ingrossando le fila degli 11 milioni
che faticano ad arrivare a fine mese: i
coniugi separati. Sono loro, per lo più mariti costretti a
pagare gli alimenti per moglie e figli e con un mutuo
sulle spalle e non più un tetto sulla testa, una delle
emergenze sociali della crisi economica. Per venirgli
incontro stanno nascendo in tutta Italia "case per padri
separati"e temporaneamente in difficoltà economica,
volte ad aiutare proprio i genitori non affidatari.
A Bolzano il Centro per l'assistenza separati e divorziati
e la mediazione familiare (Asdi) si è mosso in aiuto
del genitore che si allontana di casa in modo da garantirgli
una sistemazione temporanea, un "punto
fermo" da cui ripartire.
Elio Cirimbelli, presidente del centro, afferma che i
più penalizzati dalle separazioni
coniugali sono quasi sempre gli
uomini, portando un esempio concreto
in cui una famiglia con due
stipendi da 1300 euro con un mutuo
da 500 euro arriva tranquillamente
a fine mese; il divorzio tra i coniugi comporta
la ripartizione del mutuo tra i due, ma l'immobile va
alla donna con un assegno mensile di 500 euro per gli
"alimenti" del figlio o dei figli. Senza casa, con i 500
euro al mese che gli restano il padre non riesce più a
vivere, considerando che 800 è la soglia per la povertà
relativa e 550 quella per la povertà assoluta.
Oltre al naturale problema economico, il padre divorziato
deve superare anche una difficile situazione psicologica.
La sociologia e la psicoanalisi hanno evidenziato l'importanza
del ruolo di "bread-winner", di colui che
porta il pane a casa, che da sempre spetta all'uomo e
che viene meno con la separazione portando il coniuge
a guardare al suo operato come fine a se stesso.
A Milano la provincia è corsa in aiuto di questa nuova
"emergenza sociale" con la casa dei papà separati di
Rho che consiste in 15 camere, disponibili
da maggio 2010, messe a
disposizione dai padri abati missionari.
La quota che il genitore deve
versare per una permanenza di 8/12
mesi è di 200 euro al mese.
Anche a Roma è nata la prima casa dei "padri separati":
l'iniziativa è stata presentata al Campidoglio,
il 2 novembre, dall'assessore alle politiche sociali e vicesindaco
di Roma, Sveva Belviso, e dal giornalista e
conduttore Tiberio Timperi, testimonial dell'evento.
"La separazione delle coppie con figli provoca oltre
all'aumento delle spese economiche, un forte trauma",
spiega l'assessore Belviso, «a precipitare nel disagio
sono i genitori non affidatari, solitamente i papà che
oltre all'aumento delle spese da sostenere devono lasciare
contestualmente l'abitazione». L'obiettivo del
progetto di Roma è permettere al padre in difficoltà di
riappropriarsi della propria vita per poter trascorrere
del tempo con i figli anche attraverso attività ludiche
adeguate.
Gli appartamenti, con angolo cottura, camera da letto,
saloncino con tv, bagno arredato con lavatrice, giardini,
aree verdi per attività ricreative, sono controllati attraverso
un servizio di sorveglianza
attivo dalle 19 alle 7 di mattina.
Sono anche presenti figure professionali
idonee per attività sociali
e psicologiche a disposizione di
genitori e figli dalle 11 alle 19. C'è la possibilità di
ospitare fino a 20 padri per un massimo di 12 mesi,
con 200 euro al mese.
Il costo dell'iniziativa per l'amministrazione capitolina
è di circa 346mila euro. Le case sono state inaugurate
in via di Torre di Prato Lungo (zona Tiburtina Nomentana),
grazie al Comune e a un'idea lanciata 10 anni
fa dal portabandiera dei diritti dei padri separati:
Giorgio Ceccarelli.
Ceccarelli, presidente dell'associazione figli negati, è
stato protagonista di un evento che ha cambiato la
sua vita. Divorziato nel '92, aveva negato alla figlia il
permesso di trasferirsi in Grecia con la moglie e il suo
nuovo compagno greco. Durante una vacanza con la
figlia, nella sua auto la polizia scopre 80 grammi di
cocaina pura, un bilancino e bustine pronte per lo
smercio. Ceccarelli trascorre 9 giorni in carcere in
regime di isolamento e avvia uno sciopero della fame.
Rischierebbe 20 anni, ma al processo viene scagionato
perché estraneo ai fatti commessi da altri. Nel 2001
vengono condannati in primo grado dal tribunale di
Frosinone la sua ex suocera, un maresciallo della
Guardia di finanza e un detective. Avevano ordito un
complotto per incastrare Ceccarelli e permettere all'ex
moglie di trasferirsi in Grecia.
Uscito dal carcere, Giorgio dichiarò di aver fatto un
patto col Padreterno: dedicare i 20 anni "risparmiati"
alla lotta sociale per cambiare questo sistema e sensibilizzare
la società per una riforma giuridica, culturale
e sociale dell'Italia in tema di separazione. Sono già
12 anni che Giorgio Ceccarelli è impegnato per abbattere
quello che definisce il "muro di
gomma eretto da 34 anni in difesa
dei privilegi del genitore affidatario
a danno dei figli, dell'altro genitore
e dei nonni".
MTM lo ha intervistato per comprendere al meglio il
senso di questa battaglia:
Da dove nasce il progetto di una "casa per padri separati"
a Roma?
Questa mia idea risale precisamente all'anno 2005, e
deriva da una ferma e totale convinzione nel concetto
di uguaglianza. L'art. 3 della Costituzione ci ricorda
che siamo tutti uguali davanti alla legge, e di case
gestite dalle donne "per le donne", ne esistono già da
parecchio. A Roma, per esempio, in via della Lungara,
vi è una struttura per le donne, dove quest'ultime non
dormono solamente, ma mangiano e sono intrattenute
attraverso attività adeguate. Inoltre queste strutture
non ospitano solo 20 persone (come le nuove "case
per i padri separati") ma molte di più.
Quanto e come ha "lottato" per riuscire nel suo intento?
Bisogna sempre "combattere" per vedere realizzati i
propri ideali, d'altronde chi assiste al male senza opporvisi
non è migliore di chi lo compie. Il 17 maggio
2005 ho iniziato a proporre questo progetto e ha avuto
un seguito di 2 anni. Siamo perfino andati dall'allora
ministro per le pari opportunità, Barbara Pollastrini,
vestiti da donne per chiedere una casa per gli uomini
come quella delle donne, ma tutto ciò non è servito.
L'attuale sindaco di Roma, Gianni Alemanno, prima
delle elezioni, mi aveva promesso pubblicamente,
che, qualora fosse stato eletto, avrebbe preso parte a
questo progetto. Ora il progetto si sta pian piano realizzando
a partire, appunto, dalla "messa a disposizione"
da parte della provincia di queste abitazioni per i
padri in difficoltà economica.
È mai stato accusato di maschilismo, o di essere solo dalla
parte dei padri?
Certo, ma se la madre è affidataria dei figli nel 87% dei
casi non è di certo colpa nostra, e poi non stiamo solo
dalla parte dei padri, noi stiamo dalla parte dei figli. A
chi mi accusa di maschilismo potrei rispondere citando
il premio Nobel per la pace, l'iraniana
Shirin Ebadi: «Il maschilismo
è una malattia che attacca gli uomini,
ma è trasmessa dalle donne.
Ogni uomo oppressivo ha avuto
una madre». Noi siamo padri e
madri che vogliono impedire allo
Stato italiano di continuare a mettere
sotto il tappeto delle riforme
la polvere delle nostre proteste.
Quali sono le linee d'azione dell'associazione
figli negati?
Noi organizziamo manifestazioni
e sit in di protesta perché crediamo
che solo in questo modo potremo
ottenere qualche risultato, cambiando
in meglio il nostro paese.
Socrate scelse di morire rifiutando
l'evasione organizzata dai suoi discepoli.
La sua risposta fu: «non
posso andare contro la legge, non ho fatto nulla per
cambiarla e non posso andare via dalla mia città». Noi
non vogliamo bere la cicuta quotidiana della mancanza
dei nostri figli e non abbiamo nessuna intenzione di
andare a vivere in un altro paese. Noi rimaniamo in
Italia per impedire a chiunque di trascurare i diritti
dei nostri figli.
Lo stato italiano ha la ragione della forza, ma noi abbiamo
la forza della ragione e vinceremo noi.
In che modo aiutate i genitori separati in difficoltà?
L'associazione apre le porte a chiunque voglia partecipare
a questo progetto che vuole trasformare la rabbia,
il dolore, la frustrazione e l'emarginazione in energia
positiva e costruttiva per lottare tutti insieme per i
nostri figli. La partecipazione di tutti è fondamentale
per difendere i diritti dei nostri figli ad avere sempre
due genitori, anche quando questi si separano.
Il mio professore di filosofia, il grande Alberto Andreoli
ci diceva sempre: «Chi ha vissuto solo per sé, ha
sprecato una vita».
Noi non vogliamo sprecarla ma utilizzarla al meglio
per costruire tutti insieme un futuro migliore per le
famiglie attuali e per quelle che
verranno.
Quali sono gli obiettivi della sua associazione?
Nella nostra associazione non
sono previsti premi per nessuno,
il nostro premio, che è anche il
nostro obiettivo, è aver compiuto
azioni virtuose per i figli di tutti.
J.F. Kennedy diceva: «Prima di
chiedere cosa può fare il tuo Paese
per te, chiediti cosa puoi fare tu
per il tuo Paese». A quel punto
potrai pretendere una classe politica
credibile. Chi non sa difendere
i propri diritti non se li merita;
noi vogliamo impedire a chiunque
di trasformare i nostri figli in orfani
di un genitore vivo e noi non molleremo
mai.
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