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Alessandra Malito
Nicoletta Alborino
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La salute diritto e opportunità
riconosciuta a tutti
Intervista a Salvatore Geraci
di Alessandra Malito e Nicoletta
Alborino
L’Italia
vanta il quadro normativo più avanzato in Europa, per la tutela
della salute degli immigrati
L’entrata in vigore della recente
disposizione normativa relativa alla condizione degli stranieri in Italia,
legge n. 189 del 30 luglio 2002 «Modifica alla normativa in materia
di immigrazione e di asilo», meglio nota come Legge Bossi-Fini,
non ha apportato alcuna modifica al Decreto Legislativo 286/98 (Testo
Unico sull’immigrazione) che disciplina e regola le procedure di
accesso al Servizio Sanitario Nazionale da parte degli stranieri. In realtà
la normativa sanitaria in vigore non è solo fondata sulla sola
logica di solidarietà, ma soprattutto su una logica di sanità
pubblica; il che significa consentire l’accesso a tutti per salvaguardare
la salute dell’immigrato e quindi anche la salute di tutti. È
in virtù di questo principio che la disciplina sulla sanità
pubblica per gli immigrati è stata promossa da tutte le forze politiche
che si sono avvicendate.
La volontà esplicita di tutelare
la salute degli immigrati ha indotto l’Assessorato alla Sanità
della Regione Lazio a diramare recentemente una circolare in base alla
quale tutti gli stranieri privi di un regolare permesso di soggiorno,
ma che hanno presentato la domanda di regolarizzazione, devono essere
iscritti al Servizio Sanitario Regionale. L’iscrizione è
temporanea (durata di sei mesi, rinnovabili). Con la presentazione del
permesso di soggiorno, l’iscrizione temporanea diventa definitiva.
Qualora la domanda non sia accolta, perché errata o perché
priva dei requisiti richiesti, l’iscrizione temporanea decade. Nel
trattare un argomento così delicato, ci siamo rivolti a persone
qualificate sull’argomento, quali: la prof.ssa Maria Immacolata
Macioti, docente di Sociologia all’Università la Sapienza
di Roma e ad uno dei massimi esperti in tema di assistenza sanitaria agli
immigrati, il dott. Salvatore Geraci,, responsabile dell’area sanitaria
della Caritas Diocesana di Roma.
La professoressa ci ha chiarito quanto sia importante comprendere che
il nostro modo di pensare è frutto della nostra cultura e della
nostra tradizione; è quindi necessario prendere coscienza che dobbiamo
liberarci dei nostri stereotipi per assumere un atteggiamento di ascolto
che ci consenta di approfondire la conoscenza del fenomeno migratorio.
Oltre ad avere dato vita a molteplici iniziative in ambito universitario
(nuovo modulo “Teoria ed analisi dell’emigrazione”;
master “Immigrati e rifugiati” presso la facoltà di
Scienze della Comunicazione), la professoressa ha collaborato con la CARITAS
alla realizzazione delle Schede Informative che l’immigrato deve
compilare per ricevere l’assistenza sanitaria. Per dare risposta
alle domande di carattere sanitario ci siamo, invece rivolti al dott.
Geraci.
La normativa relativa alla sanità per gli immigrati è
realmente conosciuta da parte di servizi e degli operatori?
Sebbene la normativa sia in vigore ormai da quattro anni, ancora non è
diffusamente conosciuta. La CARITAS si è molto impegnata nella
divulgazione della conoscenza sia nella nostra regione sia in varie parti
d’Italia. In effetti alcune regioni hanno intrapreso da tempo l’attività
formativa degli operatori sanitari, attraverso corsi, convegni, e altre
attività. La regione Lazio più recentemente si è
avviata per la medesima strada.
Di che tipo di formazione stiamo parlando?
I temi della formazione sono vari. Innanzitutto va intesa una formazione
che dia una informazione relativa all’esistenza della normativa,
una informazione relativa al profilo di salute ed alle condizioni patologiche
più frequenti tra gli immigrati, una informazione sull’evoluzione
degli scenari socio-demografici dell’immigrazione; infine una formazione
vera e propria soprattutto in ambito relazionale, per imparare a interagire
con persone che provengono da circa 150 nazioni diverse, aventi status
giuridico estremamente diversificato: pensiamo ai rifugiati, alle persone
che emigrano alla ricerca di un lavoro, ai clandestini. Persone che hanno
una cultura della medicina, della salute, del proprio corpo, della malattia
significativamente diversa dal nostro. La formazione deve tendere non
tanto alla conoscenza di tutte le culture (questo sarebbe impossibile
data l’enorme varietà di immigrati presenti nel nostro Paese),
ma a dare una chiave di lettura, attraverso la medicina transculturale,
per una medicina attenta al singolo.
La normativa prevede che anche gli extracomunitari clandestini
abbiano accesso al servizio sanitario per prestazioni urgenti ed essenziali:
a quali strutture possono accedere per questo tipo di prestazioni?
Il regolamento di attuazione del Testo Unico sull’immigrazione specifica
che ogni regione debba garantire le cure essenziali nel modo che ritiene
più opportuno. Tali cure si riferiscono alla medicina di primo
livello, ossia all’assistenza offerta dal medico di medicina generale.
Oltre a ciò sono in particolare garantiti: la tutela della gravidanza
e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni
e gli interventi di profilassi internazionale, la profilassi, la diagnosi
e la cura delle malattie infettive. Alcune regioni hanno preferito indicare
le cure che non si possono considerare essenziali (esempio il passaggio
di sesso, alcune cure odontoiatriche escluse quelle per i bambini, etc.).
Il Ministero della Sanità ha previsto che le prestazioni essenziali
siano assicurate in ambulatori territoriali o ospedalieri e che sia garantito
l’accesso senza necessità di appuntamento e impegnativa per
evitare la creazione di barriere burocratiche; ciò ha prodotto
in Italia una estrema diversificazione di risposta e di organizzazione.
In cosa consiste, e come si ottiene il codice STP?
Per la registrazione di tutte le prestazioni erogate agli stranieri in
condizione di irregolarità giuridica, e per le eventuali prestazioni
diagnostiche-terapeutiche, il regolamento di attuazione prevede, all’
art. 43, l’utilizzo di un codice a sigla STP (Straniero Temporaneamente
Presente) seguito da un numero d’ordine progressivo. Il codice STP
viene rilasciato dalle ASL o da altre strutture pubbliche o private accreditate
ed è riconosciuto su tutto il territorio nazionale; può
essere rilasciato anche anonimamente, non è necessario che la persona
interessata esibisca alcun documento: ciò è dettato dalla
volontà di fornire a tutti l’assistenza sanitaria indipendentemente
dalla posizione amministrativa, e dall’esigenza di evitare un’eventuale
commercializzazione tra i clandestini dei tesserini contenenti il codice
STP. Il codice, essendo rilasciato ad uno straniero temporaneamente presente,
ha una validità di sei mesi, ma è rinnovabile con le stesse
modalità già esposte. I clandestini possono ottenere il
rilascio delle prescrizioni farmaceutiche, prescrizioni e prenotazioni
di accertamenti laboratoristici e strumentali essenziali e di visite specialistiche;
i medici dovranno semplicemente utilizzare il ricettario regionale indicando,
per i non iscritti al SSN, la sigla STP al posto del codice sanitario;
nel caso lo straniero sia sprovvisto del codice STP, il medico potrà
effettuare la prescrizione su un ricettario bianco e la persona dovrà
pagare le medicine e le altre prestazioni. Gli stranieri con regolare
permesso di soggiorno (ad esclusione dei turisti e di coloro presenti
per soggiorni brevi d’affari) hanno l’obbligo di iscriversi
al Servizio sanitario nazionale (gli studenti possono iscriversi volontariamente).
Con l’iscrizione si acquisiscono gli stessi diritti e doveri di
assistenza riconosciuti ai cittadini italiani. L’iscrizione deve
essere effettuata presso la ASL di residenza o dimora e vale fino allo
scadere del permesso (per gli studenti deve essere rinnovata annualmente).
L’art. 35 deI Testo Unico sull’immigrazione sancisce
che l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero
non in regola, non comporta la segnalazione dello stesso alle autorità
di polizia.
Si è voluto separare in maniera netta il problema di sanità
pubblica dal problema di ordine pubblico ed è per questo che la
legge prevede il divieto di segnalazione dell’immigrato clandestino
all’autorità di polizia, salvo i casi in cui sia obbligatorio
il referto (alle stesse regole è assoggettato il cittadino italiano);
questo per evitare che lo status giuridico di immigrato possa di fatto
determinare una condizione di «clandestinità sanitaria».
Potrebbe meglio delineare la figura del mediatore?
Il discorso sul ruolo del mediatore è particolarmente complesso
perché si inserisce in un rapporto, qual’è quello
medico-paziente, delicatissimo; ne deriva che l’inserimento di una
persona terza che consenta di facilitare la comprensione e la comunicazione,
può dimostrarsi controproducente. È quindi più corretto
parlare di un sistema di mediazione all’interno dell’organizzazione
sanitaria che sia in grado di accogliere il paziente e di mediare sia
a livello linguistico che culturale. Ad esempio negli ospedali, nelle
sale parto la figura del mediatore può essere utile, ma è
utile se tutto il personale entra in una logica di mediazione, di «contrattazione
culturale» con la persona che si trova di fronte.
Esistono per alcune particolari patologie delle strutture specializzate
presso le ASL o presso le aziende ospedaliere?
Sono stati creati degli ambulatori dedicati. Un esempio: il Forlanini,
seguendo la sua storica vocazione, si è dotato di un ambulatorio
specializzato nella cura della tubercolosi degli immigrati. E questo non
perché la tubercolosi degli immigrati sia diversa dalla nostra
(a ben vedere la maggioranza dei casi di TB negli stranieri è contratta
in Italia) ma spesso necessita di una maggiore attenzione nella gestione
del paziente per essere certi che nel tempo prosegua i controlli e le
terapie. L’aspetto importante non riguarda tanto patologie particolari
e/o esotiche, quanto un diverso modo di percepire lo stato di malessere,
un diverso modo proprio nell’affrontare le cure; è indispensabile
creare delle strutture che siano in grado di motivare la persona a continuare
nella terapia anche in assenza di sintomi. Per malattie particolari si
può sempre fare riferimento ai policlinici universitari o a specifiche
strutture (Spallanzani o S. Gallicano).
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Dott.ssa
Francesca Romana
Manni |
Immigrati
bambini il cammino verso una nuova identità
della Dott.ssa Francesca Romana Manni
Sono sempre più numerosi i bambini
figli d’immigrati che crescono nel nostro paese, soggetti ad un
cambiamento di stile di vita e di punti di riferimento proprio quando
la loro età richiederebbe certezza ed accoglienza. Per un sano
sviluppo fisico e psichico è necessario che l’ambiente familiare
costituisca per ogni bambino una base sicura da cui partire, e a cui tornare,
per poter esplorare l’ambiente sociale che lo circonda. Le difficoltà
aumentano quando esistono anche differenze somatiche, come il colore della
pelle.
Gli ostacoli a volte nascono proprio nel contesto familiare, dal quale
provengono messaggi ambigui: da un lato i genitori richiedono di mantenere
i valori originari, dall’altro sono sempre loro ad assumere le abitudini
della nuova cultura. Queste spinte contraddittorie rendono molto faticoso
ogni percorso di identificazione.
La scuola come luogo di convivenza multietnica fra il bambino ed i suoi
coetanei deve garantire che i suoi insegnanti facciano sentire i bambini
partecipi di una stessa eterogenea realtà attraverso una metodologia
centrata sull’ascolto. La scuola, soprattutto quella materna, dovrebbe
offrire il proprio contributo al passaggio da una società della
tolleranza ad una società dell’integrazione, dall’accettazione
della multiculturalità alla salvaguardia delle molteplici identità.
Immigrati
e medici italiani
“Arrivando in Italia due anni fa, la mia famiglia non poteva neanche
presumere che ci sarebbe potuto servire l’aiuto dei medici italiani,
meno che mai di un chirurgo. All’arrivo, noi, ovviamente abbiamo
cominciato a mettere in regola tutti i documenti compreso il libretto
sanitario. Vorrei sottolineare che essendo stranieri, abbiamo dovuto affrontare
una serie di problemi legati alla comprensione per riuscire a regolarizzare
la nostra presenza in Italia. Nelle difficoltà abbiamo però
sempre trovato il supporto stupendo del carattere del popolo italiano:
socievole, amichevole e pronto a dare aiuto.
Qualche mese fa, ad una delle solite cene di famiglia, mia madre ha sentito
un dolore forte ai reni. Dopo qualche ora i dolori cominciarono ad essere
ancora più forti e noi abbiamo deciso di portarla all’ospedale
più vicino.
Bastò mostrare la carta medica ed entro trenta minuti è
stata portata in una corsia molto accogliente e graziosa. Nonostante la
tarda notte fu subito controllata e le somministrarono tutti i medicinali
necessari.
Tutti i medici sono stati molto educati con noi e se non capivamo qualcosa,
con pazienza cercavano di spiegarcelo. Quando la mamma è uscita
dall’ospedale, mio padre, scherzando disse: “visto che il
personale medico è tanto gentile, tra poco ci ritorno anch’io
qua”. Non passarono nemmeno due giorni, che a mio padre prese un
attacco di calcoli renali. Il giorno dopo, nello stesso ospedale subì
l’intervento potendo usufruire degli ultimi progressi nel campo
scientifico e medico. Sono passati due mesi e i miei genitori sono in
buone condizioni.
Sono molto grato per tutto questo. Grazie mille”
Pogus
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