MTM n°3

 

MEDICAL TEAM MAGAZINE - Anno 2 - Numero 1 - gen/feb 2003

 


Appuntamento con...
 


Valentina Borghese
Valentina Borghese



Appuntamento con... il carnevale a Roma
di Valentina Borghese

Il carnevale a Roma oggi non è che un pallido ricordo di quella sagra dell’allegria e dell’abbondanza che era in passato, tanto che stupirà certo sapere che questa festa è nata proprio in questa città!
Quando le feste dell’antica Urbe (Baccanali, Saturnali, etc.), scomparvero, non scomparve però la voglia di divertirsi dei cittadini romani.
Si ha testimonianza che nel IX-X sec. durante le Feste dei Pazzi, com’erano chiamati allora i giorni di Carnevale, lo stesso clero profanava le chiese insieme al popolo: un diacono veniva eletto re dei Pazzi e gli altari venivano trasformati in tavoli per banchetti.
Per alcuni secoli Piazza Navona pare sia stata il teatro principale del Carnevale romano mentre alla Domenica di Carnisprivium la festa si trasferiva al Testaccio. Per queste feste ciascun rione offriva i migliori giocatori ed alcuni tori per una specie di corrida. Nel XVI secolo si diffuse la lotta ai giudei in cui malcapitati venivano spogliati, chiusi in botti e fatti rotolare da monte Testaccio. Papa Paolo II Barbo spostò poi il Carnevale nel centro della città: da Piazza del Popolo fino a Palazzo Venezia si svolgeva la corsa delle Bestie Bipede in cui ebrei, garzoni e vecchi si disputavano la conquista dei palii. Dopo un periodo in cui alcuni Papi vietarono maschere e travestimenti con Leone X Roma divenne il centro dei divertimenti e delle feste: si cominciarono a dare i primi spettacoli teatrali e fu fatta la prima corsa dei cavalli, riflesso medievale delle corse romane che si facevano nel Circo Massimo. Nel 1500 Sisto V impose la pena di morte per licenze carnevalesche mentre, più tardi, nel XVII secolo il Carnevale giunse al colmo del suo splendore: persino cardinali monsignori e abati se la spassavano in questi giorni di festa; nelle case dei ricchi si stava «in gran libertà»; si diffusero le mascherate con i carri e l’uso di giustiziare in piazza i «delinquenti carnevaleschi».
Vi era poi il gioco dei Moccoli: consisteva nel portare una candela accesa cercando di spegnere quelle degli altri. Si metteva il moccolo in cima a lunghi bastoni perché fosse più difficile da spegnere e più facile arrivare a spegnere quelli degli altri; si cercava di spegnere i moccoli delle ragazze conio scopo di attaccar discorso e si calavano panni bagnati dalle finestre per spegnere quanti più moccoli possibile. Così c’era un gioco continuo di fiammelle che si spegnevano e accendevano, incrociandosi, alzandosi ed abbassandosi. Mai come in questi giorni si poteva vedere tanta gente accalcata per le strade; Piazza Navona diventava il luogo dove ballare, divertirsi e magari dove «conquistare una bella figliola». Dal 900 l’energia del Carnevale sembra aver abbandonato questa città e solo con l’inaugurazione della fontana delle Naiadi, in Piazza Esedra, si organizzò una mascherata che fu l’ultimo «sprazzo» di vita del Carnevale Romano


A proposito di carnevale...
Il nome deriva da “carnem levare” ed, anticamente indicava il banchetto d’addio alla carne che si teneva prima della Quaresima, periodo di digiuno e di astinenza non solo dalla carne ma anche dal sesso e da ogni altro divertimento. Si pensa che il Carnevale derivi dall’antica festa romana dei Saturnali per alcuni elementi comuni:
l’elezione di un monarca fittizio, il suo sacrificio ed un comportamento alla rovescia di tutta la collettività. Ma la festa attuale non ha più un carattere religioso bensì parodico in quanto ad essere eletto non è più un uomo in carne ed ossa ma un fantoccio di paglia o di cartone. I Saturnali si collocavano in un periodo-soglia in cui terminava un ciclo agrario e ne cominciava un altro ed il Carnevale pare abbia ereditato anche questo ruolo di festa di Capodanno in cui si derideva il passato per poter ristabilire poi quell’ordine che avrebbe garantito il regolare fluire del nuovo anno. Ben presto diventò la festa in cui il popolo si abbandonava a tutte le sfrenatezze proibite dalla società: indossare una maschera infatti permetteva di disfarsi del proprio ruolo sociale e di sognare una realtà più positiva mentre l’ebbrezza, allentando i freni inibitori, rendeva i rapporti tra gli individui più spontanei. In quei tempi basati sulla scrupolosa osservanza della morale, il Carnevale diventava un momento per facilitare l’incontro con l’altro sesso e per farsi notare. Oggi è tanto il desiderio di stare in libertà e di divertirsi che non si sente più il fascino dell’ingenuo travestimento e forse è questo che ha spento la spontaneità ed il gusto per il Carnevale.