MTM n°6
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 2 - Numero 5/6 - set/dic 2003

Malattie rare
 


Dott. Luigi Guacci
Dott. Luigi Guacci




La colangite sclerosante primitiva

del Dott. Luigi Guacci

Fra le malattie rare la Colangite sclerosante primitiva [Csp] è di quelle veramente difficili da diagnosticare, almeno prima che si arrivi allo stadio di malattia conclamata. La rarità è dimostrata dalla incidenza [secondo i vari autori] da 1 a 4 casi ogni 100.000 persone di 25-45 anni, con prevalenza dei maschi. La Csp è una sindrome cronica ad eziologia sconosciuta caratterizzata da colestasi conseguente a stenosi infiammatoria dei dotti biliari intra ed extraepatici, fino alla stenosi ostruttiva anche dei dotti più piccoli e conseguente cirrosi epatica. Altra caratteristica di questa malattia è la associazione quasi costante con altre gravi malattie intestinali [più frequentemente la colite ulcerosa, più di rado il M. di Crohn, ancora più di rado altri tratti dell’intestino] oppure con la fibrosi retroperitoneale periaortica. Queste associazioni, come spesso succede in mancanza di validi segnali eziopatogenetici, hanno alimentato l’ipotesi di una comune origine autoimmune. Gli anticorpi chiamati in causa sia nella colite ulcerosa che nella Csp [e ben studiati nei laboratori dell’Ospedale Vito Fazzi di Lecce] sono gli Anca che reagiscono contro il citoplasma perinucleare dei neutrofili. L’esordio della sintomatologia è quanto mai varia: inizia con affaticamento ingravescente, calo di peso, prurito, ittero, con una semplice epatosplenomegalia, si complica talvolta con episodi di colangite batterica, dolore all’ipocondrio e febbre, fino al quadro conclamato della cirrosi. I reperti umorali che possono indirizzare alla diagnosi riguardano la positività di: fosfatasi alcalina, bilirubina, rame, ceruloplasmina, transaminasi [modesta] e i già nominati Anca. La diagnosi, più che dalla biopsia, viene confermata dalla colangiografia percutanea o dalla colangiografia retrograda endoscopica, che mostrano il caratteristico aspetto a «corona di rosario» dovuto all’alternarsi di stenosi brevi e dilatazioni sacciformi, ed un aspetto ad «albero potato» dei dotti intraepatici. La terapia non esiste, si va a tentoni. Viene usato di preferenza l’acido ursodesossicolico per il suo effetto immuno-modulante, citoprotettivo-stabilizzatore di membrana, infine modificante la composizione del pool degli acidi biliari con conseguente riduzione dei sali biliari epatotossici. Vengono usati anche i farmaci immuno-modulatori, soprattutto cortisonici e azatioprina, facendo attenzione alle loro controindicazioni, ma anche tutti i varii immuno-soppressori [ciclosporina, budesonide, tacrolimus ecc.], i quali tutti danno qualche «abbellimento» umorale, ma non anatomo-patologico. Utili come coadiuvanti: calcio e vit. d, vit. a, bifosfonati, ac. grassi a media catena, multivitaminici. Ovviamente antibiotici nell’eventualità di colangite acuta batterica. L’aiuto della chirurgia consiste nella dilatazione endoscopica con o senza posizionamento di stent. Infine il trapianto di fegato rappresenta apparentemente l’unica terapia, senza la quale, come si evince da tutto ciò che si è detto, la prognosi, lenta ma inesorabile, è infausta. Sopravvivenza media: 11 anni. Essendo studioso di terapie alternative, consiglio gli impacchi di argilla verde per 2-3 ore al giorno e proseguite per lunghissimo tempo. Questa terapia non ha controindicazioni nè effetti collaterali e non esclude le altre terapie.