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Dott. Eugenio Raimondo
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Inquinamento
globale
a cura di Eugenio Raimondo
Da decenni l'uomo utilizza antiparassitari, pesticidi, anticrittogamici
e concimi chimici nelle coltivazioni, ormoni e antibiotici negli allevamenti,
vari additivi alimentari nei conservanti, antiossidanti, esaltatori di
sapore e aromatizzanti, addensanti e gelatificanti, emulsionanti, acidificanti,
lieviti, coloranti… che poi ritroviamo nei cibi e nell'acqua.
A questo prolungato «stress tossinico» l'organismo reagisce
attraverso il sistema immunitario che, in alcuni individui, genera la
manifestazione allergica. In alcuni casi queste patologie possono anche
assumere caratteristiche di una certa gravità, come avviene per
l'asma bronchiale allergica, il morbo celiaco, o gravi forme di dermatiti.
Le reazioni di adattamento dell'organismo alle continue sollecitazioni
alle quali è sottoposto non coinvolgono solo il sistema immunitario
ma anche il sistema nervoso e ormonale, nonché la sfera mentale
dell'individuo.
Gli
additivi da cui stare alla larga
acido benzoico e210
acido ortofosforico e338
aldeide formica e240
anidride solforosa e220
aspartame
azoburina e122
tartrazina e102
butil-idrossi-anisolo e320
eritrosina e127
gallato di occile e311
gallato di dodecile e312
glutammato monopodico
gomma arabica e414
Gli additivi devono essere indicati a parte rispetto agli ingredienti
del prodotto utilizzando il termine "contiene", poiché
sono considerati "ingredienti" unicamente quelle sostanze che
forniscono un apporto nutritivo. In alternativa ai prodotti inscatolati
contenenti additivi è preferibile utilizzare, oltre ai prodotti
freschi, per esempio quelli surgelati.
Diffusione
della depressione
I più recenti studi epidemiologici della Organizzazione
Mondiale della Sanità attestano che, in Italia, sono circa 8,5
milioni le persone che soffrono di disturbi depressivi e 3 milioni di
disturbi d’ansia. Considerando che, per ogni paziente, sono almeno
due/tre i parenti coinvolti, si può avere un’idea di come
questo disturbo abbia la valenza di malattia sociale. Del resto il costo
sociale, inteso come ore lavorative annue perse a causa del suddetto disturbo,
è in Italia di circa 400 milioni di euro l’anno.
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