Indagine
BNP: prognosi scompenso cardiaco
Ruolo del Peptide Natriuretico
di tipo B nella diagnosi differenziale delle dispnee e nella stratificazione
prognostica dei pazienti affetti da scompenso cardiaco
di Angela Beatrice Scardovi
Uoc di Cardiologia Ospedale Santo Spirito Roma. Area Scompenso:
Dirigente medico di 1° livello.
Responsabile Unità Funzionale di Ergospirometria.
Divisione di Cardiologia Ospedale S. Spirito
06.68352264-2153
La prevalenza dell’insufficienza cardiaca varia tra
3 e 20 individui per 1000 aumentando a 80-160 per 1000 pazienti
con età al di sopra dei 75 anni. Come dimostrato dallo studio
Framingham la prognosi è infausta: la sopravvivenza dei pazienti
con insufficienza cardiaca 5 anni dopo la diagnosi è del
25% per gli uomini e del 38% per le donne.
In questo contesto è molto importante porre la diagnosi il
più rapidamente possibile per poter iniziare il trattamento
appropriato [ace-inibitori, beta-bloccanti ecc..] che ha dimostrato
di essere in grado di migliorare in modo consistente la sopravvivenza.
L’attivazione neuro-ormonale conseguente al danno miocardico,
ha un ruolo fondamentale nella patogenesi dello scompenso cardiaco.
I livelli aumentati di vari fattori neuro-ormonali ad effetto vasocostrittivo,
quali la norepinefrina [Ne] , la renina e l’endotelina-1,
hanno dimostrato di essere potenti predittori prognostici. D’altra
parte anche l’aumento di concentrazione di fattori ad azione
vasodilatante quali l’ormone natriuretico di tipo A [Anp],
principalmente prodotto dall’atrio, e l’ormone natriuretico
di tipo B [Bnp] hanno verosimilmente valore prognostico.
Fattori stimolanti la produzione del Bnp sono l’ipertrofia
e l’aumento di volume del ventricolo sinistro, l’aumento
della pressione sanguigna, la disfunzione diastolica, l’insufficienza
renale e l’attivazione delle citochine.
Diagnosi Differenziale
delle Dispnee Acute.
La metodica standard per diagnosticare la disfunzione ventricolare
sinistra è l’ecocardiografia che definisce la disfunzione
sistolica in presenza di frazione di eiezione ridotta [generalmente
inferiore al 45%]. La diagnosi di disfunzione diastolica è
meno standardizzata e più controversa. I peptidi natriuretici
aumentano sia in caso di disfunzione sistolica che diastolica, sebbene
il grado di correlazione con i parametri ecocardiografici, sia variabile
nei vari studi pubblicati.
L’ecocardiografia non è sempre disponibile e comunque
il paziente intensamente dispnoico può non essere in grado
di mantenere a lungo la posizione adeguata per l’effettuazione
di un corretto esame ecocardiografico. Quindi, anche in un contesto
dove l’ecocardiografia sia presente, un test sensibile e specifico
come il dosaggio degli ormoni natriuretici ed in particolare del
Bnp può costituire uno strumento utile e di rapido utilizzo
a disposizione del medico di pronto soccorso. I risultati di numerosi
studi hanno dimostrato che una concentrazione di Bnp di 80 pg/ml
prediceva con un’accuratezza del 95% la presenza di scompenso
cardiaco; valori al di sotto di questo avevano un potere predittivo
negativo del 98%.
Questi studi dimostrano che il dosaggio del Bnp plasmatico è
un test sensibile e specifico per l’inquadramento diagnostico
dei pazienti con dispnea acuta. I risultati ottenuti sino ad ora
suggeriscono che tale test potrebbe essere in grado di sostituire
la radiografia del torace [e forse anche l’ecocardiogramma]
come strumento per la diagnosi differenziale della dispnea in pronto
soccorso. Bisogna comunque sottolineare che il Bnp aumenta anche
in caso di dispnea da embolia polmonare in seguito al sovraccarico
acuto del ventricolo destro [12] e che in questa condizione morbosa
il rischio di morte è del 17% entro i primi tre mesi di follow-up,
in coloro che al momento della diagnosi hanno un valore di Bnp >21
pmol/L.
Il Bnp è l’unico marker che, indipendentemente dai
dati emodinamici, fornisce informazioni prognostiche relativamente
alla mortalità e alla morbilità. I pazienti con bassi
livelli plasmatici di Bnp avevano una prognosi eccellente a lungo
termine; d’altra parte alte concentrazioni di Bnp erano correlate
con una mortalità del 60% a 3 anni. Maeda ha dimostrato che
livelli di Bnp alti a tre mesi dall’ottimizzazione della terapia
costituivano un fattore di rischio indipendente per mortalità
anche in presenza di riduzione dei sintomi e di aumento della frazione
di eiezione. Inoltre i pazienti con bassa concentrazione di Bnp
hanno una buona prognosi indipendentemente dal tipo di terapia somministrata.
In conclusione possiamo dire che il Bnp è un marker polisemantico
di scompenso cardiaco che riflette affidabilmente sia il grado di
attivazione neurormonale che il sovraccarico di pressione ventricolare
; per questo motivo sta assumendo sempre più un ruolo di
primo piano nella valutazione poliparametrica del paziente con scompenso
cardiaco cronico in quanto buon predittore di eventi che vanno dall’instabilizzazione
delle condizioni di compenso alla morte improvvisa. Di conseguenza
il suo dosaggio e l’osservazione del suo andamento nel tempo
possono essere un valido aiuto nella stratificazione prognostica
e nella ottimizzazione della terapia in pazienti con scompenso cardiaco
cronico in qualsiasi stadio della malattia.
|