MTM n°7
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 3 - Numero 1/2 - gen/apr 2004
Speciale Salute e ambiente - La mal’aria di città
 


Anno 3 - Numero 1/2
gen/apr 2004

 


Le polveri aerodisperse
del Dott. Luigi Paoletti
Dirigente di Ricerca, Dipartimento di Tecnologie e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità.
del Dott. Achille Marconi
Primo Ricercatore, Dipartimento dell’Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore di Sanità www.iss.it



Caratteristiche del materiale particellare aerodisperso

Gli aerosol atmosferici [o materiale particellare aerodisperso] sono una miscela complessa di particelle piccole e grandi, sia emesse direttamente nell’atmosfera, che prodotte durante i processi di conversione gas-particelle. Le sorgenti di aerosol atmosferico sono naturali e antropiche. Le dimensioni delle particelle costituiscono il parametro più importante per la descrizione del loro comportamento e della loro origine; la composizione chimica, la rimozione, ed il tempo di residenza nell’atmosfera sono tutte caratteristiche correlate con le dimensioni delle particelle. Negli ambienti ad intensa urbanizzazione le particelle aerodisperse derivano essenzialmente dai processi di combustione di sorgenti mobili, come i veicoli a motore, e di sorgenti fisse, come gli impianti per la produzione di energia. Le caratteristiche chimico-fisiche del Mpa sono fortemente dipendenti dal tipo di meccanismi della sua formazione e dal tipo di sorgente. Le particelle ambientali sono generalmente comprese in un intervallo di diametri tra 0.01 mm e 100 mm.

Gli standards di qualità dell’aria
Le evidenze di effetti sanitari hanno indotto molti paesi ed organizzazioni internazionali a revisionare gli standard di qualità dell’aria [Sqa] esistenti per il Mpa. recentemente anche nell’Unione Europea [Ue] con la direttiva 1999/30/Ec, nella quale sono stabiliti i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il Pm10. Per il Pm2.5 non viene fissato un valore limite, ma viene richiesto agli stati membri di effettuare campionamenti e fornire informazioni al pubblico anche su questo parametro.
La direttiva europea è stata recepita in Italia con il decreto ministeriale [Dm] n. 60 del 2 aprile 2002. Nella Tabella 1 viene riportato in modo sintetico il sistema di riferimento previsto dal Dm [e dalla direttiva europea] per individuare i valori limite giornaliero ed annuale per il Pm10 tenendo conto dei margini di tolleranza temporali.

I risultati degli studi condotti presso l’Iss
Sulla base dei dati di Pm10 e Pm2.5, raccolti nella postazione dell’Istituto Superiore di Sanità durante varie campagne di misura iniziate dal 1993 ed in corso a tutt’oggi, é possibile affermare che questi inquinanti presentano fluttuazioni temporali con valori più elevati durante i mesi invernali, mentre i valori medi su base annuale superano spesso 40 mg/m3 per il Pm10, e 30 mg/m3 per il Pm2.5. Per quanto riguarda la misura delle particelle Uf, i risultati ottenuti finora mostrano come questa frazione di particelle sia correlata con l’intensità dei flussi di traffico [in particolare con la concentrazione di Co e di Nox] e aumenti durante la stagione fredda, raggiungendo concentrazioni superiori a 1•105 p/cm3 .
Recenti studi effettuati presso L’Istituito Superiore di Sanità hanno permesso inoltre di acquisire importanti dati sulla composizione del Pm10 campionato nel sito dell’Istituto Superiore di Sanità, caratterizzato da traffico autoveicolare medio-alto.
Queste ricerche sono state condotte mediante la microscopia elettronica analitica a scansione [Sem]. Sostanzialmente il Pm10 è stato classificato in quattro principali gruppi, o tipi, di particelle:
particelle carboniose [costituite da carbonio organico e/o inorganico];particelle provenienti dall’erosione del suolo o di manufatti edilizi [costituite da carbonati, silicati, silice]; particelle di origine secondaria [costituite sostanzialmente da solfati]; particelle metalliche o di ossidi metallici [composte principalmente da ossido di Fe, ma anche da Al, Cr, Ni, Ti, Zn, Cu].
L’insieme dei dati ottenuti ha evidenziato molto chiaramente il ruolo di veicolo di sostanze o composti tossici, come idrocarburi, solfati acidi e metalli pesanti, svolto nell’ambiente urbano dal Pm10.


Particolato inalabile nelle aree urbane e salute dei bambini
del Dott. Riccardo Pistelli
Università Cattolica del Sacro Cuore-Complesso Integrato Columbus

L’attenzione nei confronti del particolato inalabile, come inquinante delle aree urbane, è notevolmente aumentata negli ultimi dieci anni del secolo scorso. Alcuni cambiamenti avvenuti nell’utilizzazione dei combustibili per il riscaldamento domestico, con la diffusione del metano come combustibile principale e la conseguente riduzione delle concentrazioni di solfati e anidride solforosa, e il contemporaneo aumento del traffico veicolare, che rappresenta attualmente la principale fonte di inquinamento nelle aree urbane attraverso la produzione di particolato inalabile, sono all’origine di questo aumento di attenzione. I bambini, oltre a particolari categorie di persone portatrici di alcune malattie croniche, sono fra i soggetti suscettibili su cui sono stati indagati gli effetti dell’inquinamento urbano e del particolato inalabile, che ne è il principale componente nei paesi occidentali. Va aggiunto, per quanto riguarda i bambini, che un’altra fonte di esposizione al particolato inalabile è il fumo di sigaretta degli adulti negli ambienti chiusi, con rilevanti effetti sulla salute. Uno dei primi studi sulla relazione fra particolato inalabile e salute dei bambini è stato pubblicato nel 1989 da Dockery e coll [Am Rev Respir Dis; 139: 587-594], utilizzando i dati del Six Cities Study. Lo studio evidenziava un’associazione fra indicatori di esposizione al particolato e tosse cronica, bronchite, polmonite e otite. Al contrario, non si evidenziava una particolare associazione fra particolato e asma, episodi di respiro sibilante e raffreddore primaverile. L’associazione dell’esposizione all’inquinamento urbano con tosse, catarro, polmoniti e otiti è stata confermata anche in studi italiani, come quello eseguito nel Lazio da Forastiere e coll nel 1992 [Int J Epidemiol; 21: 66-73] o da Ciccone e coll in numerose aree italiane nel 1998 [Occup Environ Med; 55: 771-778]. La relazione fra esposizione a particolato inalabile e asma o malattie allergiche nei bambini è invece risultata assente o debole in molti studi successivi a quello di Dockery, compresi gli studi italiani sopra citati. Vi sono numerosi studi a supporto dell’ipotesi che i prodotti della combustione dei motori diesel, che costituiscono la parte più importante del particolato inalabile urbano, possano favorire l’esposizione agli allergeni ed innalzare i tassi di immunoglobuline E nei soggetti allergici. Tuttavia questa azione di “promozione” della condizione allergica sembra limitarsi a favorire lo sviluppo di sintomi a carico dell’apparato respiratorio nei soggetti allergici residenti in aree urbane. Infatti, contrariamente ad una opinione popolare largamente diffusa, gli studi condotti in numerosi paesi, come quello di von Mutius e coll in Germania nel 1994 [Am J Respir Crit Care Med; 149: 358-364] o quello di Corbo e coll in Italia nel 1993 [J Allergy Clin Immunol, 1993; 92: 616-623], non hanno trovato alcuna evidenza a favore di una maggior frequenza di malattie allergiche, o di sensibilizzazione mediante test cutanei, nelle aree urbane a più elevato tasso di inquinamento. Possiamo concludere queste note riassumendo le attuali evidenze scientifiche come segue: i bambini sono soggetti particolarmente suscettibili agli effetti negativi sulla salute dell’inquinamento urbano, la cui componente principale è il particolato inalabile; i bambini allergici costituiscono un sottogruppo di soggetti particolarmente suscettibili; la frequenza elevata della condizione allergica, frequenza ancora in aumento per cause solo in parte note o supposte, fa si che gli individui particolarmente suscettibili siano molto numerosi, con gravi conseguenze per lo stato di salute della popolazione residente nelle aree urbane.

Valori limite di qualità dell’aria ambientale per Pm10
Direttiva Europea 30/99 Ce e Introdotti nel Decreto di Recipemento 60/20021

valore limite annuale [-g/m3]
Data di Entrata in Vigore
valore limite su 24 ore2 [-g/m3]
48.0
01.01.2000
75
46.4
01.01.2001
70
44.8
01.01.2002
65
43.2
01.01.2003
60
41.6
01.01.2004
55
40.0
01.01.2005
50

1] In questa fase é prevista anche la misura del PM2.5 ed i piani per la riduzione del PM10 comprenderanno anche la riduzione del PM2.5.

2] Da non superare più di 35 volte l’anno.