MTM n°15
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 5 - Numero 2 - lug/nov 2006
Chirurgia Generale
 


Dott. Dario Femminella
Dott. Dario Femminella

Anno 5 Numero 2
lug/nov 2006

 




Chirurgia generale - Le infezioni della Prostata
La prostata è una ghiandola la cui funzione è quella di produrre e immagazzinare nei suoi acini ghiandolari un liquido che è il nutrimento ed il carburante degli spermatozoi contenuti nello sperma, a sua volta immagazzinato nelle ampolle deferenziali

di Dario Femminella

dariofeminella@tiscali.it
Docente presso il Corso di Laurea B dell’Università di Roma La Sapienza polo reatino.
Specialista in Chirurgia Generale Specializzando in Urologia

LE INFEZIONI
La più frequente infiammazione prostatica è la prostatite. Essa può essere di tipo:

  1. acuta; con febbre elevata, dolore perineale, urinazioni frequenti, dolorose e difficili.

  2. cronica; con scarsi sintomi, quali doloretti diffusi all’uretra, difficoltà ad urinare, senso di peso perineale, senso di fastidio ai testicoli.

Esistono anche situazioni intermedie tra quelle acute e quelle croniche.

LE CAUSE
Le cause di prostatite sono molteplici e non sempre agevoli da identificare.
Molto spesso i germi risalgono lungo il canale urinario, o discendono dalla vescica raggiungendo la prostata, provocando una infiammazione. Poichè la struttura anatomica dei canali degli acini della ghiandola prostatica assomiglia alla disposizione degli acini di un grappolo d’uva e sboccano pertanto nell’uretra, è facile intuire che tali sbocchi solitamente percorsi dalle secrezioni prostatiche possono diventare la porta d’ingresso dei germi nella ghiandola prostatica stessa. Inoltre, a causa della conformazione e della disposizione degli acini ghiandolari, inglobati in un tessuto muscolare e fibroso duro, in caso di infiammazione, tendono ad alterarsi, magari strozzandosi, determinando quel tipico "gonfiore " associato alle infiammazioni. In questi incitamenti le secrezioni e i batteri ristagnano in modo tale che la prostatite acuta tende a perdurare nel tempo e diviene cronica.

LA DIAGNOSI
L’urologo scopre una prostatite dalla storia del paziente, dagli accertamenti di laboratorio, dalle immagini dell’ecografia, dagli esiti di una biopsia, dalla visita rettale. Si tratta di una diagnosi che tavolta è difficile; può trattarsi addirittura, in alcuni casi, di una sorpresa positiva in quanto certi quadri di prostatite simulano il cancro della prostata.

COME SI CURANO LE PROSTATITI
Le prostatiti si curano con farmaci antibiotici, antinfiamatori, norme igieniche di vita e abitudini dietetiche corrette. Le forme definite abatteriche sono per lo più da considerarsi il frutto di traumi ed avrebbero il loro razionale in due fattori. Il primo sarebbe legato al fatto che molti organismi come Chlamydiacee, Micoplasmi, Ureaplasmi, Gonococchi che sono al giorno d’oggi i veri responsabili di circa l’80% di tutte le prostatiti, non sono facilmente individuabili nelle colture e nei terreni abituali. Altro fattore sarebbe dovuto al fatto che gli acini contaminati ed infiammati potrebbero perdere la loro continuità anatomica con l’uretra ed isolandosi, perdere o, quantomeno ridurre, la carica batterica.

LA PREVENZIONE
È importante rivolgersi all’urologo non appena si manifestano i primi disturbi irritativi, specie il bruciore urinario [disuria], o l’aumentata frequenza delle minzioni [pollachiuria]. Curare la prostatite nelle sue prime fasi è più semplice rispetto a quando sia già cronicizzata. Può essere pertanto molto importante rivolgersi precocemente al medico specialista al fine di mettere in atto subito le procedure diagnostiche opportune.
L’esperienza c’insegna che spesso si possono ottenere dei risultati soddisfacenti anche dopo anni di trascuratezza. Capita però, altre volte, che già dopo poche settimane di disturbo non si riesca più ad ottenere una guarigione completa!


ANATOMIA

prostataLa prostata è posizionata nel bacino appoggiata alla base della vescica, alla quale aderisce con strutture di sostegno molto robuste; è inoltre tenuta in sede da molteplici legamenti che la àncorano alle ossa del bacino anteriormente, al pube, e ad altre strutture anatomiche di sostegno come il diaframma urogenitale che la sostiene in basso. Ha forma conica schiacciata, con la base in alto e l’apice in basso e con quattro lati che si continuano l’uno nell’altro con spigoli arrotondati.
Anatomicamente è divisibile in tre porzioni, una zona periferica, una zona centrale e una zona di transizione periuretrale. Questa suddivisione è molto importante, per capire la differenza e le caratteristiche delle diverse patologie di cui la ghiandola prostatica è affetta. Infatti mentre i tumori della prostata nascono soprattutto dalla zona periferica, le ipertrofie prostatiche benigne nascono dalla zona di transizione, le prostatiti, a seconda delle loro cause di origine, possono essere localizzate sia in sede periuretrale che alla periferia, dando tuttavia sintomi differenti.
Strutturalmente la prostata è costituita per il 70% da cellule ghiandolari raggruppate in circa 30 unità, chiamate “acini” e per il rimanente 30% da fibre muscolari.
Gli acini sono in comunicazione con dei canalicoli minori che servono a convogliare nell’uretra il secreto prostatico prodotto nei singoli acini. I dotti che drenano gli acini della zona centrale presentano un decorso sinuoso, mentre quelli provenienti dalla zona periferica presentano un decorso rettilineo con sbocco posizionato controcorrente rispetto al flusso urinario. Questa situazione anatomica fa si che i canalicoli degli acini periuretrali per l’rregolarità del loro decorso saranno più facilmente soggetti ad ostruzione e a processi infiammatori causati dalla precipitazione di sostanze varie, capaci di dar luogo anche alla formazione di veri e propri calcoli intra-prostatici; gli acini periferici invece, per la rettilineità dei loro canali, saranno più soggetti al refluire di urina o batteri dall’uretra.
Questa disposizione anatomica ha anche delle implicazioni terapeutiche perché se è vero, per esempio, che le prostatiti periuretrali si possono temporaneamente giovare di energiche spremiture della ghiandola, quelle periferiche, che per il decorso pressoché rettilineo dei canalicoli, non presentano quasi mai situazione di ristagno, spesso non ottengono miglioramenti con tale metodica.