Ibernazione
al via i primi test sugli uomini
L'annuncio del Massachusetts General Hospital
di Boston. La tecnica s’ispira ai metodi usati nella chirurgia
dei trapianti
di S.
Bonfirraro
La
tecnica è stata messa a punto da un gruppo di ricercatori
americani. Sono stati eseguiti 200 esperimenti di ibernazione su
maialini e tutti gli animali che sono stati sottoposti al trattamento
non hanno evidenziato particolari reazioni negative nella fase del
risveglio. «Esperimenti di animazione sospesa sugli uomini
sono imminenti», ha annunciato sulla rivista New Scientist,
Hasan Alam, chirurgo del Massachussets General Hospital di Boston:
«Credo che tecnicamente si possa riuscire a fare la stessa
cosa sull’uomo». Questa procedura rappresenta un obiettivo
importante per la chirurgia, arrivare un giorno a mantenere in stato
di animazione sospesa un organismo vivente che ha subito gravi traumi
aumentando così in maniera esponenziale le possibilità
di intervento e le chance di salvarlo. Si potrebbe intervenire su
questi pazienti tenendoli, per tutte le ore necessarie all’intervento,
in bilico tra la vita e la morte in uno stato di “non vita”
indotto portando il loro organismo a basse temperature. La tecnica
potrebbe rivelarsi importante per la chirurgia d’urgenza,
soprattutto nei casi di vittime di incidenti con lesioni molto gravi
per esempio lesioni da arma da fuoco o gravi emorragie toraciche.
Il metodo è simile a quello utilizzato per preservare gli
organi in attesa di trapianto. Si priva l’organismo del sangue
e lo si sostituisce con un fluido freddo. La temperatura corporea
da 36-37 gradi scende fino a 10 gradi.
Si tratta della ipotermia profonda, nella quale non ci sono pulsazioni
né attività elettrica nel cervello. In questo modo
si diminuisce il fabbisogno di ossigeno da parte del corpo, in quanto
tutti i processi metabolici si arrestano temporaneamente o rallentano
al massimo, offrendo al chirurgo il tempo di riparare le ferite.
Quando un individuo giunge in condizioni critiche in ospedale ed
ha perso molto sangue, la sua vita è appesa a pochi minuti,
ha spiegato Alam, infatti il cervello senza ossigeno a sufficienza,
come avviene in condizioni di gravi emorragie, comincia a deperire
nel giro di cinque minuti, mentre il cuore può resistere
un pò di più, circa 20 minuti.
Quindi,
anche se miracolosamente i chirurghi riuscissero ad operare e saturare
le ferite in un lasso di tempo così ridotto, ha osservato
Alam, le probabilità che la persona torni cosciente alla
fine dell’intervento sono minime. Ibernare il paziente potrebbe
essere l’escamotage per guadagnare tempo ed operarlo prima
di riportarlo "in vita". Al termine dell’intervento
bisogna reiniettare nelle vene del paziente il sangue riscaldato
per ripristinare le sue funzioni vitali. La "formula magica"
dell’ibernazione consiste nel raffreddare il corpo il più
rapidamente possibile [2 gradi al minuto], e riscaldarlo lentamente
[mezzo grado al minuto]. Almeno nelle intenzioni dei suoi fautori,
la tecnica rappresenta dunque una meta importante per la chirurgia,
anche se nelle mani sbagliate potrebbe diventare lo strumento di
pazzi, dittatori e miliardari a caccia di immortalità. L’unico
scoglio rimasto, secondo Alam, è di natura etica. «Bisognerebbe
ottenere il previo consenso dei soggetti da ibernare», spiega
il professore, «Ma non puoi certo sederti a tavolino con un
paziente in fin di vita». Per ovviare al problema i ricercatori
di Boston vogliono elaborare un documento medico-legale simile a
quello adottato in molti paesi per la donazione degli organi. Comunque
l’esperto potrebbe iniziare tra 18-24 mesi gli studi clinici
in collaborazione con un altro pioniere della tecnica, Patrick Kochanek
del Safar Center for Resuscitation Research alla University of Pittsburgh
School of Medicine, che lo scorso giugno ha annunciato di aver ibernato
dei cani. |