L’avvocato
risponde: Il testamento biologico
Che cosa è il testamento biologico o testamento di vita, come qualcuno preferisce chiamarlo
dell’Avv. Nino Marazzita
Il
testamento biologico, “direttiva anticipata” o testamento
di vita che dir si voglia, è un documento, redatto con ponderazione
analoga a quella che è doverosa utilizzare per i testamenti
“tradizionali”, con il quale il testatore affida al
medico indicazioni anticipate di trattamento, nel caso in cui possa
perdere la capacità di autodeterminazione a causa di una
malattia acuta o degenerativa assolutamente invalidante.
In sostanza tale testamento è una vera e propria dichiarazione
di ultima volontà nella quale ciascuno decide della propria
vita; il punto centrale è quindi togliere la capacità
decisionale di vita o di morte al medico, ai genitori, ai tutori
ovvero ai Magistrati per affidarla al diretto interessato: il paziente.
In Italia, a differenza del Canada, della Danimarca, di alcuni Stati
degli Usa, dei Paesi Bassi e di alcuni Stati dell’Australia,
manca una normativa specifica sul testamento biologico, malgrado
vi siano numerose proposte di legge in materia.
Il problema socio-giuridico che divide le coscienze, i medici ed
i magistrati riguarda la composizione tra due interessi costituzionalmente
garantiti: il bene vita e la doverosità del trattamento medico.
Infatti l’ordinamento tende a tutelare la vita in ogni suo
aspetto, da un lato prevedendo espressamente il divieto di disporre
del proprio corpo ed il divieto di interrompere la gravidanza se
non nei casi tassativamente previsti dalla legge, e dall’altro
punendo, ad esempio, l’istigazione all’altrui suicidio
e l’omicidio perpetrato con il consenso della vittima.
Parimenti però il medico ha il dovere giuridico e deontologico
di intervenire e di porre in essere tutte le misure ed i trattamenti
necessari per la cura e la vita del paziente. Di conseguenza non
è possibile stabilire in termini giuridici, e con certezza,
in quale momento il medico debba arrestare il suo intervento e lasciare
il paziente libero di morire.
Le pagine di cronaca hanno spesso evidenziato infatti come sussista
un limite labile tra il diritto di avere una “buona vita”,
e quindi di morire in assenza di un’aspettativa di vita degna
di tale accezione, e l’accanimento terapeutico.
Allo stato quindi, finché l’Italia non si adeguerà
alle normative di alcuni Paesi Occidentali, la soluzione di queste
problematiche è lasciata alla scienza ed alla coscienza dei
medici, al tecnicismo, spesso incapace di cogliere gli aspetti sociali
ed umani, delle aule di tribunale, oppure alle iniziative di enti
o associazioni private.
Si segnalano in tal senso le proposte di alcune associazioni volte
a sensibilizzare la comunità verso l’esigenza di una
normativa sul “testamento biologico”, nonché
la predisposizione di un registro per depositare i testamenti biologici.
Tali iniziative, ovviamente, non obbligano i medici a seguire il
“testamento biologico” del paziente poiché, in
assenza di una espressa previsione normativa, la condotta del medico
rimane pur sempre lasciata alla sua discrezionalità.
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