MTM n°16
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 6 - Numero 1 - dic/mar 2007
Medicina non convenzionale
 


Dr. Salvatore Bardaro
Dott. Salvatore Bardaro

Anno 6 - Numero 1
dic/mar 2007

 

«Il buon medico generalizza la malattia e individualizza il paziente»
C. W. Hufeland

Nessun legame esiste tra una causa ed un effetto, per cui tutto in noi e fuori di noi è suscettibile di divenire causa di malattia

La ricerca affannosa di dati oggettivi ed invariabili fa perdere sempre più di vista il paziente e anche la malattia




Scienza e dogma in medicina

del Dott. Salvatore Bardaro

Membro del Forum per le MNC dell'OMCeO Roma.
Il Dott. Salvatore Bardaro tiene corsi di Agopuntura e di altre Discipline Non Convenzionali in Odontoiatria

testeL’insegnamento della scuola Anatomo-Clinica di Parigi, che si sviluppò negli ospedali parigini a partire dalla Rivoluzione Francese, è spesso considerata il punto d’inizio della medicina moderna.
La possibilità di questo nuovo metodo di affermare la specificità di una malattia, la sua natura unica e particolare, legandola ad una lesione anatomica altrettanto specifica, fu alla base della sua celebrità.
La medicina clinica quindi cerca le lesioni proprie di una malattia e vede che queste sono costanti, ossia un dato “astratto” di quella malattia: la malattia è la lesione.
È nell’affermare un’etiologia, ossia la causa, che si ha la più grande variabilità. Il rapporto fra le cause patogene e gli effetti è legato alle “disposizioni” dell’organismo e, di conseguenza, come queste, le manifestazioni patologiche possono variare all’infinito. Tutto dipende dal “modo di organizzazione”, dal “grado di vitalità”. Possono anche aversi effetti patologici senza causa sensibile ed apprezzabile. In quest’ambito una patologia, anche epidemica, può essere causata da una serie pressoché infinita di fattori diversi: il terreno, l’acqua, gli alimenti, l’urbanizzazione, il lavoro, la sessualità, l’educazione.
Nessun legame esiste tra una causa ed un effetto, per cui tutto in noi e fuori di noi è suscettibile di divenire causa di malattia.
Tutto è già cambiato quando, negli ultimi decenni del XIX secolo, Dechambre pubblica il suo Dictionnaire encyclopedique des sciences medicales. Ogni causa ha una natura differente “possedendo una specificità d’azione tale, riguardo ai suoi effetti, che questi possono appartenere solo ad essa, dato che essa sola ha la capacità di realizzarli”.
Il problema etiologico cambia di natura e la regola è ora chiara: dato un effetto patologico trovare la causa che lo produce. Non c’è più una moltitudine di cause, ma solo una specifica, che può certo richiedere la presenza di altri fattori favorenti, di rischio, ma che è unica e “determinante”. Alla specificità della malattia, data dalle sue lesioni, si aggiunge la specificità della causa, e questo cambia tutto. L’identità della causa indica l’identità dell’effetto e viceversa.
In dipendenza di siffatta evoluzione di pensiero, possibile grazie alla stessa scuola anatomo- clinica, alla teoria cellulare e allo sviluppo della microbiologia, le affezioni hanno ora una causa principale che può essere individuata ed eliminata. Ad una certa lesione anatomo-funzionale corrisponde una malattia in cui il bersaglio primario e principale è la cellula e la causa, neanche a dirlo, è sempre qualcosa che viene da fuori, a noi estraneo, il microrganismo.
Tale nuovo orientamento, pur con i suoi innegabili risultati, ha però completamente ostracizzato la Medicina Galenica, fino ad allora dominante, nel quadro della quale la malattia era considerata un’alterazione del sottile equilibrio del corpo prodotta da una vasta serie di fattori.
In questo contesto il classico triangolo Ippocratico - la malattia, il malato, il medico - si trasforma e la malattia diviene un’entità indipendente con cui il medico si confronta dopo aver messo quasi da parte il malato. Quest’ultimo prende parte alla disputa esclusiva tra medico e batterio solo in quanto territorio di battaglia.
La Medicina è così divenuta sempre più “impersonale” ricercando fenomeni universali, ripetibili, comuni a tutti. La ricerca affannosa di dati oggettivi ed invariabili fa perdere sempre più di vista il paziente e, paradossalmente, anche la malattia. Infatti il dato più mutevole e più soggetto all’univocità, il paziente, viene generalizzato, acquisito come dato oggettivo, e messo a lato mentre si affrontano il medico, le cui conoscenze divengono sempre più convincimenti tutt’altro che emendabili, ed il microagente che, sulla scorta delle teorie monomorfiche di Pasteur, semplicistiche e semplificanti ma, proprio per questo, accolte con maggior entusiasmo di quelle pleomorfiche, più sottili e profonde, di Bechamp ed Enderlein, assume la prerogativa del bersaglio immobile ed immutevole. La guerriglia nosologica, in cui intervengono un’infinità di fattori tutti potenzialmente determinanti, assume i contorni di un improbabile duello da fermi.
visita medicaTale atteggiamento è sicuramente in parte responsabile dell’odierna crescente insorgenza di patologie ad andamento cronico e ad etiologia incerta contrastate con terapie che, mirate solo al sintomo, spesso sortiscono l’effetto di peggiorare il quadro generale.
Porre il sintomo al centro dell’azione terapeutica è deriva di tale morfologia di pensiero, il batterio è la malattia, la malattia è il sintomo, pertanto il batterio è il sintomo; annullando quest’ultimo si cancella tutto quanto sopra. La Medicina incentrata sul sintomo produce risultati parziali e temporanei con patologie che recidivano esacerbandosi e trasformandosi in altre entità nosologiche che depongono per un mai ridotto livello generale di malattia. Infatti, così come non esistono “le saluti” ma lo stato di salute, non esistono in effetti “le malattie” ma lo stato di malattia e questo, considerando l’organismo uomo in senso ecumenico, non è mai diminuito. Se si rappezza da una parte senza ridurre la pressione interna, si aprirà una nuova falla altrove e sarà alquanto inutile credere che ciò dipenda da un’altra causa specifica, che si sia aperto un discorso nuovo, cominciando così da capo e nello stesso modo. Non è vero che la ricerca in medicina non si occupi di questi temi e non sia approdata a conclusioni che incentivano a mutare tale modus operandi; una vastissima parte di letteratura ha indagato e indaga sul versante biochimico, fisiologico e fisiopatologico dell’uomo contribuendo al delinearsi di un affascinante quadro psico-neuro-endocrino- immunologico da cui dovrebbe scaturire almeno un aggiustamento di rotta nella progettazione delle impalcature diagnostico- terapeutiche ma, contrariamente a quanto sarebbe ovvio attendersi, esiste una notevole inerzia nell’affermazione di questa tendenza scientifica emergente.


L’OPINIONE
La verità in medicina passa attraverso le riviste scientifiche più accreditate. Dagli studi pubblicati scaturiscono linee guida e protocolli terapeutici. Il protocollo terapeutico, garanzia per il medico ed il paziente, può però anche essere alla base della Medicina “impersonale”. Ciò accade se non si rispetta una legge, continuamente verificata, secondo cui la “verità” scientifica dipende molto dalle connotazioni temporali, storiche e tecnologiche. Grandi studi, e grandi convinzioni, sono spesso messe in discussione dopo qualche tempo. Ma esiste un fenomeno generale per cui un assetto culturale, una volta affermato e divenuto dominante, si trasforma in “Establishment” che tende a rifiutare a priori qualunque nuova inclinazione non rientri del tutto nei suoi contorni. È per questo che risultati fondamentali derivanti dalla ricerca, se non allineati con quella che rappresenta la correct policy scientifica del momento, sono spesso trascurati nella progettazione dei percorsi diagnostico-terapeutici.