Scienza e dogma in medicina
del Dott.
Salvatore Bardaro
Membro del Forum per le MNC dell'OMCeO Roma.
Il Dott. Salvatore Bardaro tiene corsi di Agopuntura e di altre
Discipline Non Convenzionali in Odontoiatria
L’insegnamento
della scuola Anatomo-Clinica di Parigi, che si sviluppò negli
ospedali parigini a partire dalla Rivoluzione Francese, è
spesso considerata il punto d’inizio della medicina moderna.
La possibilità di questo nuovo metodo di affermare la specificità
di una malattia, la sua natura unica e particolare, legandola ad
una lesione anatomica altrettanto specifica, fu alla base della
sua celebrità.
La medicina clinica quindi cerca le lesioni proprie di una malattia
e vede che queste sono costanti, ossia un dato “astratto”
di quella malattia: la malattia è la lesione.
È nell’affermare un’etiologia, ossia la causa,
che si ha la più grande variabilità. Il rapporto fra
le cause patogene e gli effetti è legato alle “disposizioni”
dell’organismo e, di conseguenza, come queste, le manifestazioni
patologiche possono variare all’infinito. Tutto dipende dal
“modo di organizzazione”, dal “grado di vitalità”.
Possono anche aversi effetti patologici senza causa sensibile ed
apprezzabile. In quest’ambito una patologia, anche epidemica,
può essere causata da una serie pressoché infinita
di fattori diversi: il terreno, l’acqua, gli alimenti, l’urbanizzazione,
il lavoro, la sessualità, l’educazione.
Nessun legame esiste tra una causa ed un effetto, per cui tutto
in noi e fuori di noi è suscettibile di divenire causa di
malattia.
Tutto è già cambiato quando, negli ultimi decenni
del XIX secolo, Dechambre pubblica il suo Dictionnaire encyclopedique
des sciences medicales. Ogni causa ha una natura differente “possedendo
una specificità d’azione tale, riguardo ai suoi effetti,
che questi possono appartenere solo ad essa, dato che essa sola
ha la capacità di realizzarli”.
Il problema etiologico cambia di natura e la regola è ora
chiara: dato un effetto patologico trovare la causa che lo produce.
Non c’è più una moltitudine di cause, ma solo
una specifica, che può certo richiedere la presenza di altri
fattori favorenti, di rischio, ma che è unica e “determinante”.
Alla specificità della malattia, data dalle sue lesioni,
si aggiunge la specificità della causa, e questo cambia tutto.
L’identità della causa indica l’identità
dell’effetto e viceversa.
In dipendenza di siffatta evoluzione di pensiero, possibile grazie
alla stessa scuola anatomo- clinica, alla teoria cellulare e allo
sviluppo della microbiologia, le affezioni hanno ora una causa principale
che può essere individuata ed eliminata. Ad una certa lesione
anatomo-funzionale corrisponde una malattia in cui il bersaglio
primario e principale è la cellula e la causa, neanche a
dirlo, è sempre qualcosa che viene da fuori, a noi estraneo,
il microrganismo.
Tale nuovo orientamento, pur con i suoi innegabili risultati, ha
però completamente ostracizzato la Medicina Galenica, fino
ad allora dominante, nel quadro della quale la malattia era considerata
un’alterazione del sottile equilibrio del corpo prodotta da
una vasta serie di fattori.
In questo contesto il classico triangolo Ippocratico - la malattia,
il malato, il medico - si trasforma e la malattia diviene un’entità
indipendente con cui il medico si confronta dopo aver messo quasi
da parte il malato. Quest’ultimo prende parte alla disputa
esclusiva tra medico e batterio solo in quanto territorio di battaglia.
La Medicina è così divenuta sempre più “impersonale”
ricercando fenomeni universali, ripetibili, comuni a tutti. La ricerca
affannosa di dati oggettivi ed invariabili fa perdere sempre più
di vista il paziente e, paradossalmente, anche la malattia. Infatti
il dato più mutevole e più soggetto all’univocità,
il paziente, viene generalizzato, acquisito come dato oggettivo,
e messo a lato mentre si affrontano il medico, le cui conoscenze
divengono sempre più convincimenti tutt’altro che emendabili,
ed il microagente che, sulla scorta delle teorie monomorfiche di
Pasteur, semplicistiche e semplificanti ma, proprio per questo,
accolte con maggior entusiasmo di quelle pleomorfiche, più
sottili e profonde, di Bechamp ed Enderlein, assume la prerogativa
del bersaglio immobile ed immutevole. La guerriglia nosologica,
in cui intervengono un’infinità di fattori tutti potenzialmente
determinanti, assume i contorni di un improbabile duello da fermi.
Tale
atteggiamento è sicuramente in parte responsabile dell’odierna
crescente insorgenza di patologie ad andamento cronico e ad etiologia
incerta contrastate con terapie che, mirate solo al sintomo, spesso
sortiscono l’effetto di peggiorare il quadro generale.
Porre il sintomo al centro dell’azione terapeutica è
deriva di tale morfologia di pensiero, il batterio è la malattia,
la malattia è il sintomo, pertanto il batterio è il
sintomo; annullando quest’ultimo si cancella tutto quanto
sopra. La Medicina incentrata sul sintomo produce risultati parziali
e temporanei con patologie che recidivano esacerbandosi e trasformandosi
in altre entità nosologiche che depongono per un mai ridotto
livello generale di malattia. Infatti, così come non esistono
“le saluti” ma lo stato di salute, non esistono in effetti
“le malattie” ma lo stato di malattia e questo, considerando
l’organismo uomo in senso ecumenico, non è mai diminuito.
Se si rappezza da una parte senza ridurre la pressione interna,
si aprirà una nuova falla altrove e sarà alquanto
inutile credere che ciò dipenda da un’altra causa specifica,
che si sia aperto un discorso nuovo, cominciando così da
capo e nello stesso modo. Non è vero che la ricerca in medicina
non si occupi di questi temi e non sia approdata a conclusioni che
incentivano a mutare tale modus operandi; una vastissima parte di
letteratura ha indagato e indaga sul versante biochimico, fisiologico
e fisiopatologico dell’uomo contribuendo al delinearsi di
un affascinante quadro psico-neuro-endocrino- immunologico da cui
dovrebbe scaturire almeno un aggiustamento di rotta nella progettazione
delle impalcature diagnostico- terapeutiche ma, contrariamente a
quanto sarebbe ovvio attendersi, esiste una notevole inerzia nell’affermazione
di questa tendenza scientifica emergente.
L’OPINIONE
La verità in medicina passa attraverso le riviste scientifiche
più accreditate. Dagli studi pubblicati scaturiscono linee
guida e protocolli terapeutici. Il protocollo terapeutico, garanzia
per il medico ed il paziente, può però anche essere
alla base della Medicina “impersonale”. Ciò accade
se non si rispetta una legge, continuamente verificata, secondo
cui la “verità” scientifica dipende molto dalle
connotazioni temporali, storiche e tecnologiche. Grandi studi, e
grandi convinzioni, sono spesso messe in discussione dopo qualche
tempo. Ma esiste un fenomeno generale per cui un assetto culturale,
una volta affermato e divenuto dominante, si trasforma in “Establishment”
che tende a rifiutare a priori qualunque nuova inclinazione non
rientri del tutto nei suoi contorni. È per questo che risultati
fondamentali derivanti dalla ricerca, se non allineati con quella
che rappresenta la correct policy scientifica del momento, sono
spesso trascurati nella progettazione dei percorsi diagnostico-terapeutici.
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