MTM n°16
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 6 - Numero 1 - dic/mar 2007
Cnr
 



Rosangela Barcaro
Dottore di ricerca in bioetica, lavora presso il C.N.R.-ISTITUTO PER LA STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO E SCIENTIFICO MODERNO, Unità staccata di Genova.


Anno 6 - Numero 1
dic/mar 2007

 

Il criterio neurologico della cosiddetta morte cerebrale totale è entrato nella pratica medica, è stato accolto nella giurisprudenza, e rappresenta un prerequisito tecnico ed etico fondamentale affinché sia lecito il prelievo di organi vitali.


È ormai difficile sostenere, sia sotto il profilo scientifico che sotto quello etico-filosofico, che i pazienti che abbiano subìto estese lesioni cerebrali sono cadaveri




La morte cerebrale e la fine della vita

di Rosangela Barcaro

È stata International Visiting Scholar presso lo Hastings Center di New York e borsista presso la Westfälische Wilhelms-Universität, Katholisch Theologische Fakultät-Seminar für Moraltheologie, Münster.
Ha pubblicato diversi articoli su temi di bioetica.

capezzaleEsistono tre tipi di criteri per accertare il decesso dell’essere umano: anatomico, fondato sulla constatazione della distruzione corporea; cardiocircolatorio, basato sull’evidenza clinica e strumentale della protratta assenza di battito cardiaco e di circolazione sanguigna; neurologico. Quest’ultimo criterio si applica a pazienti con lesioni cerebrali tali da comportare dipendenza dalle apparecchiature per la rianimazione e la ventilazione artificale; i medici che devono accertarne la morte devono documentare uno stato che l’art. 1 della legge n. 578/1993 [Norme per l’accertamento e la certificazione di morte] identifica con il decesso dell’essere umano: «la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo».
Nella sua decisione il legislatore italiano ha dato credito ad una serie di studi internazionali, condotti per lo più tra gli anni Settanta ed Ottanta del Novecento, secondo i quali l’encefalo, incluso il tronco encefalico, è responsabile del controllo, integrazione e funzionamento coordinato dell’organismo. L’intero encefalo sarebbe, in altre parole, l’integratore centrale, e la cessazione delle sue funzioni trasformerebbe l’organismo in una mera collezione di organi, le cui attività sono destinate a spegnersi più o meno celermente. Studi più recenti, condotti da neurologi principalmente statunitensi e britannici, hanno messo in dubbio questa teoria ed hanno contribuito ad avviare un diffuso dibattito internazionale sull’impiego e l’affidabilità dei criteri neurologici per determinare la morte. Non si tratta, se non a prima vista, di una questione meramente medicobiologica, la cui analisi debba essere lasciata agli specialisti. È un problema ben più ampio, dal momento che il criterio neurologico della cosiddetta morte cerebrale totale è entrato nella pratica medica, è stato accolto nella giurisprudenza, e rappresenta un prerequisito - tecnico ed etico - fondamentale affinché sia lecito il prelievo di organi vitali dispari [ad es. il cuore] da destinare al trapianto. Mettere in dubbio la teoria dell’integratore centrale comporta un ripensamento radicale delle modalità di dichiarazione del decesso e del reperimento degli organi per il trapianto.
onda cerebraleNel nostro paese queste ricerche sono purtroppo poco note ed il dibattitto è circoscritto a pochi esperti. È per questo molto significativa la decisione del Consiglio Nazionale delle Ricerche di finanziare una pubblicazione, curata da Roberto de Mattei ed intitolata Finis Vitae. Is Brain Death Still Life? [C.N.R.-Rubbettino, Soveria Mannelli 2006] nella quale sono raccolti i contributi di autorevoli studiosi conosciuti a livello internazionale. Il volume, presentato al pubblico italiano durante una conferenza tenutasi a Roma il 13 dicembre 2006, raccoglie, tra le altre, le voci di neurologi, giuristi, filosofi e teologi che hanno partecipato all’incontro promosso nel febbraio 2005 dalla Pontificia Accademia per le Scienze e dedicato all’esame de I SEGNI DELLAMORTE.
Gli interventi raccolti nel volume, e la discussione di cui essi sono stati oggetto durante la presentazione, mostrano che è ormai difficile sostenere, sia sotto il profilo scientifico che sotto quello etico-filosofico, che i pazienti che abbiano subìto estese lesioni cerebrali sono cadaveri. Ancorché privi di coscienza e dipendenti da ventilazione polmonare artificiale, il loro organismo conserva funzioni, quali controllo neurormonale, equilibrio idrosalino, guarigione delle ferite, che sono espressione della permanenza di integrazione corporea. La conclusione alla quale sono giunti gli autori dei saggi è semplice e sconvolgente: la condizione denominata morte cerebrale è ancora vita, e il paziente in tale stato è ancora vivo. La più immediata conseguenza di ciò è che prelevare organi da questi soggetti ne provoca il decesso. Se è davvero così, nei prossimi anni la riflessione bioetica dovrà affrontare la sfida che fino ad oggi aveva evitato, e il legislatore dovrà fare sostanziali modifiche ad una impostazione giuridica che solo qualche anno fa sembrava aver messo tutti d’accordo.