Etica
e potere
di Fernando Fabó, LC
Da
sempre l'uomo, essere sociale per natura, ha dovuto riflettere sulle
problematiche etiche collegate all’esercizio del potere. Infatti
in ogni comunità c’è stata sempre, in un modo o in un altro, un’autorità,
cioè il potere. Superate le vecchie forme tiranniche, pian piano
che la civiltà e la dignità dell’uomo si sono fatte strada, nuove
forme di organizzazione sociale e di esercizio del potere hanno
visto la luce. Platone nei suoi dialoghi spesso si interroga sulla
giustizia e nella sua famosa Repubblica teorizza una organizzazione
sociale ideale, utopica diciamo noi. Aristotele col suo celebre
trattato intitolato La Politica e anche tramite la redazione di
numerose costituzioni politiche, ha cercato di far possibile il
buon governo di numerose polis dell’antica Grecia. Nel medioevo
Tommaso D’Aquino, ha cercato di concretizzare l’insegnamento aristotelico
nella cristianità europea presentando la figura del principe cristiano.
Altri autori come Rousseau, Hobbes, Tocqueville, Kant o lo stesso
Maritain hanno continuato a riflettere sul nostro argomento.
Come una costante al centro del pensiero politico dei grandi rappresentanti
del pensiero classico, si trova proprio il problema dell’armonizzazione
tra questi due termini: etica e potere. Gli argomenti cambiano,
il contenuto dell’argomentazione si svuota progressivamente di ogni
riferimento al sacro, di ogni motivazione religiosa e punta ogni
volta di più su riferimenti razionali, sulla cosiddetta morale naturale,
ma la problematica centrale continua sempre ad essere la stessa.
C’è, possiamo dire, un filo conduttore tra tutte queste proposte:
chi esercita il potere deve essere buono e deve fare il bene. Dietro
a queste parole si nasconde uno dei principi fondamentali dell’etica:
il fine non giustifica i mezzi.
Altri, invece, hanno cercato di risolvere il problema eliminando
uno dei due termini. Forse Il Principe di Niccolò Machiavelli rappresenta
una sintesi perfetta in questo senso. Non conta tanto la bontà dei
mezzi, la bontà delle singole scelte che vengono compiute, quanto
la bontà dei risultati. In altre parole, nella modernità il problema
viene risolto affermando che il fine buono [a cui si arriva tramite
il consenso] è l’elemento determinante per l’esercizio del potere.
In altre parole: il fine giustifica i mezzi.
Il vecchio ordine gerarchico dell’etica che faceva leva nella distinzione
tra il bene onesto [quel bene che vale sempre per se stesso], il
bene utile [quel bene che ha una funzione di mediazione è che non
vale per se stesso, come ad esempio il denaro] è il bene piacevole
[il gusto, il capriccio, la mia preferenza soggettiva], viene sostituito
da un nuovo ordine in cui le scelte vengono mediate dalla tolleranza
e dal consenso. Il bene onesto [verità, bontà] non conta più - di
fatto sparisce - e viene sostituito dall’ utile [utilitarismo sociale,
altruismo] e dal piacevole [edonismo]. Questo si traduce in un nuovo
concetto di bene comune che viene fondamentalmente integrato dal
reddito annuo per persona, dal PIL, dal grado di alfabetizzazione,
dalla possibilità di accesso ai servizi di salute, ecc. Questi soddisfattori
sarebbero lo scopo da raggiungere da chi detiene il potere.
L’esercizio
della professione medica si realizza in questo contesto culturale
e viene seriamente condizionato dalla visione postmoderna sul bene,
sia per quanto riguarda la finalità della medicina [si pensi ad
esempio alla medicina dei desideri], sia per quanto riguarda la
sua prassi. Molto al di là dell’esercizio liberale della professione
medica, oggi sia il singolo professionista che le associazioni di
tipo mutualistico, ecc. tutti gli operatori in campo sanitario hanno
a che vedere con le strutture di potere, sia nell’ambito del privato,
sia nell’ambito della salute pubblica. Il binomio etica e potere
si presenta qui con un carattere drammatico.
Oggi la medicina è arrivata ad un crocevia: il medico, deve mettersi
al servizio del malato, del paziente, del debole? O piuttosto deve
mettersi dalla parte dei sani per difendere i suoi interessi e quelli
della società? L’eutanasia e l’eugenismo - fenomeni caratterizzanti
dai tempi del remoto paganesimo - fioriscono nuovamente oggi in
una società non più centrata sull’uomo e sul bene della vita. È
un campanello d’allarme! Il problema è che quando si dimentica quel
bene onesto chiamato uomo, quando si trascura la sua dignità, tutto
diventa piacevole, utile o non ha più senso. In questa cornice,
né la medicina, né il medico hanno più senso.
Potere ed etica; l’uno ha bisogno dell’altra. Ma tutti e due hanno
bisogno di fondarsi sulla verità delle cose come sono. La verità
è che ogni uomo ha bisogno degli altri uomini, perchè non siamo
perfetti. Abbiamo bisogno di aiutare chi non c’è la fa più e abbiamo
urgenza di impegnare chi ancora può fare molto di più. Noi medici
dobbiamo percorrere questa strada.
BIBLIOGRAFIA
BATTISTA MONDIN, DIZIONARIO ENCICLOPEDICO DEL PENSIERO DI SAN TOMMASO
D’AQUINO,
EDIZIONI STUDIODOMENICANO [ESD], BOLOGNA 20002.
NICCOLÒ MACCHIAVELLI, IL PRINCIPE, E PAGINE DEIDISCORSI E DELLE ISTORIE,
A CURA DI LUIGI RUSSO, EDIZIONI. SANSONI, FIRENZE 1967.
ALEXIS DE TOCQUEVILLE, LA DEMOCRAZIA IN AMERICA,
A CURA DI G. CANDELORO, EDIZIONI RIZZOLI.
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