Quale medico?
Da medico di famiglia a medico di assistenza primaria
di Cosmo De Matteis
Da molti anni la figura centrale del sistema sanitario
nazionale è stata il cosiddetto medico
di famiglia. Su questa figura ruotava il perno
dell’assistenza a tutta la popolazione, dal
piccolo centro sperduto delle montagne silane
ai quartieri periferici di metropoli quali
Milano e Roma.
Al sud il medico di famiglia è sempre stato
quella figura che come il parroco del paese,
lo trovi sempre disponibile nei momenti di
dolore, ma partecipe anche delle gioie delle
tante piccole comunità, che su di lui fanno
riferimento non solo per problemi squisitamente
sanitari, ma anche personali o di fiducia.
Oggi secondo l’O.M.S. il nostro sistema
sanitario è al secondo posto nella classifica
mondiale come miglior sistema sanitario,
di ciò potremmo esserne orgogliosi. Ma,
ci sono i ma, il medico classico, magnificamente
rappresentato nelle foto raccolte
dalle Alinari, in teoria non esiste più.
Oggi abbiamo il medico di assistenza primaria,
che a sua volta può far parte della medicina
di gruppo, della medicina di rete, ecc.
Uno stravolgimento classico, dopo oltre
venticinque anni di rapporti cordiali con i
pazienti. Per anni ho potuto tranquillamente
colloquiare con i pazienti che spesso sono
anche amici, nella vita quotidiana di una piccola
cittadina della Calabria.
Tra e me e loro oggi si erge lo schermo di un
computer che ti richiama sulle note dei farmaci,
sui limiti delle prescrizioni, sui budget
aziendali, sui tanti cavilli che ti rendono impossibile
svolgere con tranquillità e serenità
il tuo rapporto con gli assistiti.
Nel mio studio tra i tanti pur utili strumenti
elettronici, svetta in sala d’attesa il display
numerato per le ricette, quasi a voler ordinare
anche, come al supermercato le richieste
di salute.
Giornalmente mi avvio al lavoro pensando
all’ultimo caso di malasanità, denunciato
dai mass media, salvo poi rendersi conto
che di malasanità non si trattava, e scatta in
me ciò che molti anni fa chiamai medicina
difensiva.
D’altronde dopo molti anni ho preso coscienza
che come medico posso conseguire
tante vittorie nella quotidiana battaglia
contro il male, ma la guerra prima o poi la
vincerà la grande signora Morte. Ed oggi più
che mai cerco di prestare attenzione alle richieste
di salute dei miei pazienti poiché mi
rendo conto che l’alta incidenza di nuove
patologie, in particolare le neoplasie possono
comunque essere combattute con maggiore
efficacia.
Certo ogni perdita umana per me, che mi ritengo
sempre un medico di famiglia è una
sonora sconfitta e una tristezza profonda mi
assale, per tale motivo ritengo che anche per
noi medici dovrebbero poter valere dei limiti
temporali di attività lavorativa più brevi per
il pensionamento volontario, in quanto nonostante
la forza di raziocinio, il senso di frustrazione,
di angoscia col passare degli anni
diventa di difficile sopportazione.
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