Giudice: la fatica di essere super partes
del Prof.
Giovanni Pellettieri
Quale sia il ruolo della scienza del diritto
[“giurisprudenza”] e, più in particolare, del
giudice in una società in continua evoluzione
è tema sul quale si sono cimentati
grandi figure di giuristi, filosofi del diritto e
cultori delle scienze sociologiche, di cui, per
evidenti ragioni di spazio, non è qui possibile
discettare.
Certamente, di fronte all’emergere di nuove
esigenze della c.d. società civile e della c.d.
società tecnologica, ed in attesa che il giurista
e, più in generale, lo scienziato, approntino
formule sacramentali idonee aI loro riconoscimento
in termini di diritto, è pur
sempre il giudice che viene a trovarsi “in prima
linea”, chiamato, in tempi certamente
più rapidi di quelli propri di un pur attento
legislatore, a decidere del caso concreto sottoposto
al suo esame.
In questo trovarsi in prima linea si condensano
tutti i rischi e le opportunità di una funzione
che, com’è noto, richiede al giudice
una posizione di rigorosa terzietà rispetto alle
parti che hanno chiesto il suo intervento e
la rigorosa interpretazione ed applicazione
della legge.
Rischi, perché il “calarsi” nella realtà fattuale
del vivere e del sentire comune, si porta
dietro la tentazione di esercitare il potere giurisdizionale,
a volte, con finalità di “indirizzo
educativo” della società, permeando
questo potere di una carica etica che non gli
è propria, né gli è riconosciuta; a volte, perché
il calarsi nella realtà degli interessi in gioco,
può comportare una scelta a favore dell’uno
o dell’altro interesse, che, proiettando
la decisione ben oltre la soluzione della vicenda
singolarmente a lui sottoposta, può
apparire avulsa dalla rigorosa interpretazione
ed applicazione delle norme di diritto e finalizzata,
invece, alla tutela degli interessi di
cui l’una o l’altra parte in causa sono volontari
o involontari portatori.
Opportunità, perché consente al giudice di
essere più vicino alle esigenze rappresentategli
dalle parti e, quando queste esigenze esprimano un cambiamento del comune
sentire ovvero dello stesso costume di vita,
ovvero ancora dello stesso sistema economico-
produttivo, di adeguare l’interpretazione
ed applicazione della norma che, per la
sua naturale fissità, questo cambiamento
non può registrare. Di qui, una funzione di
modernizzazione della norma, nei limiti in
cui la sua formulazione lo consenta. Di qui,
anche, la produzione di una norma [giurisprudenziale]
ed il suo consolidamento nelle
successive conformi decisioni di altri giudici
[orientamento giurisprudenziale consolidato
o “diritto vivente”], che, supplendo alla
carenza di una regolamentazione legislativa,
costringerà il legislatore a recepire questo
“diritto giurisprudenziale” in legge. Una
funzione, quest’ultima, che si è andata rafforzando
con il tempo e che ha indotto i cultori
del diritto a non trascurare, tra le fonti del diritto,
anche il ruolo svolto dai giudici.
A voler dare concreto riscontro alle considerazioni
appena espresse, è forse il caso di richiamare,
ma a puro esempio e, quindi, non
in modo esaustivo, quanto accade nell’ambito
del c.d. diritto di famiglia, ove l’intervento
dei giudici ha contribuito a chiarire i
confini della famiglia “legale”, assumendo
anche il ruolo di mediatori nella definizione
dei rapporti tra coniugi, del nuovo ruolo della
donna nell’ambito della famiglia [di recente
riconoscendo, che il lavoro casalingo
è pari a qualsiasi altro lavoro e come tale va
considerato sotto tutti i profili, anche ai fini
del riconoscimento di un assegno di mantenimento
a seguito di separazione] nonché
dei rapporti tra coniugi separati rispetto alla
prole [riaffermando la piena titolarità dei padri separati di vedere i figli, regolarmente
e secondo gli accordi presi con l’ex coniuge,
pena la condanna di quest’ultimo al risarcimento
dei danni subiti], attribuendo, altresì,
la giusta rilevanza alla c.d. “rete allargata
di relazioni familiari” per i figli di coppie separate,
stabilendo ad esempio che i nonni
non possono essere esclusi dalla partecipazione
alla vita dei nipoti a meno che non si
provi che i rapporti siano dannosi al loro sviluppo.
Ma ha, altresì, definito i contorni della
c.d. ”famiglia di fatto” o ”convivenza more
uxorio” e cosa rappresenti
nella società di oggi, in assenza
di una organica ed esaustiva legislazione
in materia [ad es.,il riconoscimento
del diritto del
convivente more uxorio alla titolarità
del contratto di locazione,
in caso di morte del conduttore, ovvero il
diritto di successione, nel contratto di locazione,
al conduttore che avesse cessato la
convivenza, a favore del convivente, quando
vi fosse prole naturale].
Non mancano, poi, interventi dei giudici che
riflettono l’intensità del comune sentire religioso
della società, che porta i giudici a riconoscere,
per esempio e di recente, alle lezioni
di catechismo la precedenza anche sul
diritto dei genitori separati di vedere i figli;
ovvero anche interventi che interpretano il
disfavore sociale per la perpetrazioni di particolari
reati ai danni della donna; ovvero, ancora,
interventi che si appellano alla coscienza
diffusa, di fronte a situazioni di particolare
gravità imputabili alla condotta di un
lavoratore, ritenuti dal giudice di merito non
tali, però, da giustificare il suo licenziamento;
ovvero ancora, interventi che si propongono
una concreta attuazione del diritto alla
salute, ovvero che dimostrano la disponibilità
dei giudici a recepire le novità introdotte
dalla nuova società tecnologica ed a
formulare regole che accertino le responsabilità
di chi opera utilizzando gli strumenti
informatici, in assenza di una organica normativa
in materia, statuendo, tra l’altro, che
la copiatura dei file mediante duplicazione
non configura reato di furto; che i messaggi
sui siti internet sono equiparati agli stampati
[dei quali pare costituiscano mera riproduzione],
in termini di diffamazione e contrarietà
al buon costume o, infine, che anche gli
short messages system trasmessi per via telefonica
vanno compresi tra i mezzi della
molestia punibile, ai sensi dell’art. 660 c.p.
Va da sé che questi interventi, per la delicatezza
delle materie di volta in volta affrontate,
non possono che suscitare ampio dibattito,
non solo tra gli “esperti”, ma e soprattutto,
tra i cittadini, che saranno propensi a
condividere o a dissentire dalle soluzioni
proposte, in virtù di una propria visione della
società, dei suoi valori e dei suoi interessi
e, non da ultimo, in ragione della disponibilità
a riconoscere al giudice un ruolo di attento
osservatore e scrupoloso interprete del
continuo cambiamento della società, dei
suoi valori e dei suoi interessi.
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