MTM n°24
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 8 - Numero 3 - ott/dic 2009
L’angolo - L'economista risponde
 


Antonio Di Majo
Antonio Di Majo
Prof. Ord. Di Scienza delle finanze.
Università di Roma Tre


Anno 8 - Numero 3
ott/dic 2009

 

La Ostrom ha svolto ricerche per oltre venti anni su un altro tipo specifico di bene, quello rappresentato da risorse “appropriabili” liberamente dagli appartenenti ad una comunità di persone [caratteristica condivisa con i beni pubblici], ma soggette a esaurimento. Questi beni, i commons, sono una presenza costante della storia fin dal Medio Evo: si pensi ai pascoli comuni, a quelli che il nostro diritto definiva usi civici, i bacini di pesca, le risorse idriche in molti paesi...




IL PREMIO NOBEL PER LE SCIENZE ECONOMICHE

di Antonio Di Majo

E. OstomIL PREMIO NOBEL PER LE SCIENZE ECONOMICHE [istituito e finanziato dalla Banca di Svezia] è stato assegnato nel 2009 a due economisti non classificabili tra quelli del mainstream nordamericano, come era avvenuto fino a due anni fa, probabilmente anche a causa della cattiva reputazione acquisita dalla corrente dominante in occasione della crisi finanziaria. Dei due economisti premiati [Williamson e Ostrom], una è donna. È la prima volta che avviene in questo campo di studi e anche questa circostanza ha suscitato molta curiosità, ma sono gli studi di Elinore Ostrom, che insegna all’Università dell’Indiana, che meritano molta attenzione, sia per il metodo originale di scienza sociale, sia per i contenuti delle sue ricerche.
Tra queste, l’attenzione principale è stata da tutti rivolta a quelle concernenti l’economia dei cosiddetti commons, ossia i beni a proprietà collettiva. Per comprendere l’importanza dell’apporto delle analisi della Ostrom va precisato che la scienza economica ha sviluppato negli ultimi due secoli l’analisi dei meccanismi di fornitura [provision] dei beni privati [quelli forniti dal libero gioco del mercato, che è efficiente, tra l’altro, se i partecipanti sono tra loro indipendenti e si comportano in modo da massimizzare l’interesse personale] e dei beni pubblici [quelli che il mercato non è in grado di fornire efficientemente e che sono resi disponibili dallo Stato e finanziati attraverso l’utilizzo della coazione, che fa subire le imposte ai singoli cittadini]. L’efficiente funzionamento del sistema economico deve quindi ricercare equilibri tra le capacità autoregolatrici del mercato e, nei casi in cui questo fallisce, l’imposizione delle scelte collettive [anche se definite con i criteri della democrazia rappresentativa]. Esempi estremi dei due tipi di beni sono le scarpe e la Difesa; accanto ai tipi “puri” di beni privati e pubblici, dal punto di vista economico, esistono molti casi intermedi [ad esempio, la sanità]. La Ostrom ha svolto ricerche per oltre venti anni su un altro tipo specifico di bene, quello rappresentato da risorse “appropriabili” liberamente dagli appartenenti ad una comunità di persone [caratteristica condivisa con i beni pubblici], ma soggette a esaurimento. Questi beni, i commons, sono una presenza costante della storia fin dal Medio Evo: si pensi ai pascoli comuni, a quelli che il nostro diritto definiva usi civici, i bacini di pesca, le risorse idriche in molti paesi, ecc. La ricerca estrema della convenienza individuale porta spesso allo sfruttamento distruttivo di queste risorse e gli sbocchi sono stati o la definizione di diritti individuali di proprietà su di essi [con successivo utilizzo altrui attraverso scambi di mercato] ovvero la pubblicizzazione con divieti e permessi di uso con connessi prelievi di tributi. Indagando su molti casi di proprietà comune sopravvissuti anche per un millennio, la Ostrom ha cercato di individuare le ragioni e i meccanismi che consentono una accettabile e sostenibile vita di queste proprietà collettive senza necessità di ricorrere alla coazione dello Stato. Numerosi sono i casi di “regole”, scelte volontariamente, che assicurano un utilizzo economicamente proficuo e non distruttivo di queste risorse, tra questi le “regole ampezzane” che disciplinano le proprietà comuni di boschi e pascoli di una parte delle Dolomiti da circa 600 anni. L’interesse generale per questa ricerca va ovviamente oltre queste situazioni tramandate nei secoli. Gli attuali problemi ambientali e la possibilità di esaurimento di risorse comuni, che il mercato non può affrontare e risolvere e che, specie se si tratta di problemi di dimensione transfrontaliera, la sovranità degli Stati non può adottare la via coattiva, stimolano la ricerca di “regole” che rendano possibili accordi volontari in materia di beni collettivi, “regole” sperimentate in diversi luoghi e tempi. La Ostrom mostra che la sopravvivenza secolare di regole efficaci è affidata alla invenzione e all’evoluzione di “istituzioni” ad hoc. In qualche modo, con linguaggio attuale, si può dire che sono il frutto della sussidiarietà [qualcuno ha osservato che la stessa Unione europea sembra essere l’istituzione di un common in continua evoluzione]. Ai casi di successo di governo dei beni collettivi, si accompagnano tanti insuccessi e una lezione che si ricava dalle ricerche della Ostrom è che non esiste la possibilità di trasporre le istituzioni efficienti in situazioni diverse da quelle che le hanno create e fatte evolvere. Per un’economista pubblico è consolante pensare che non si debba essere costretti a pensare che gli incentivi volontari si esauriscono organizzando la produzione nel mercato di individui egoisti con l’alternativa, nel caso in cui l’individualismo non “funziona”, della coazione collettiva e della regolamentazione pubblica dei “fallimenti” del mercato.
Un approfondimento dell’opera dell’autrice è possibile dalla lettura di alcuni suoi libri Quello più accessibile anche al lettore non specializzato è disponibile anche in italiano dal 2006 [E. Ostrom, Governare i beni collettivi, Marsilio editore, 2006].