MTM n°25
MEDICAL TEAM MAGAZINE
Anno 9 - Numero 1 - gen/apr 2010
Abstract tesi
 





Anno 9 - Numero 1
gen/apr 2010

 

Da conversioni per soli fini matrimoniali si può arrivare a convincimenti realmente forti circa la decisione riguardante il cambiamento di religione oppure tale mutamento resta solo di facciata?




MATRIMONIO CON L’ISLAM
Grave coartazione della libertà religiosa oppure una scelta consapevolmente vissuta? È la situazione degli uomini che, per sposare donne musulmane, si convertono all’Islàm
di Martina Colone
Laureata in scienze della comunicazione

SPOSARSI PER AMORE comporta alcuni sacrifici da parte dei nubendi e ciò è vero soprattutto per le coppie miste che, oltre alle normali problematiche che possono insorgere in una relazione, devono affrontarne altre più rilevanti e spesso relative al diverso background culturale.
Normalmente si è soliti riferirsi a tali coppie puntando principalmente sull’enfatizzazione delle differenze legate semplicemente alle diverse origini anche se, nella gran parte dei casi, sono i diversi credi religiosi a fungere da criterio di diversificazione.
Attualmente, in Italia, le coppie miste sono circa 600.000. Almeno la metà si sono formate nell’ultimo decennio in prevalenza al Nord del paese dove più marcata è la presenza degli immigrati e dove sono quindi maggiori le opportunità di incontro e commistione tra stranieri ed autoctoni. Scendendo nel dettaglio si nota che, mentre gli uomini preferiscono sposare filippine, romene ed albanesi; le donne italiane accordano la loro preferenza a senegalesi, tunisini e marocchini arrivando a convertirsi all’Islàm pur di venire incontro al coniuge o compagno che sia.
Ma cosa succede se, al contrario, è un uomo a voler sposare una donna musulmana? In questo caso la situazione risulta essere molto più complessa poiché nella stragrande maggioranza dei paesi islamici ad una musulmana è fatto divieto di sposare un uomo di religione diversa da quella di Allah, mentre lo stesso non si può dire dei musulmani di sesso maschile cui è permesso unirsi in matrimonio con aderenti ad altre religioni purché esse non risultino essere politeiste. La ragione di una simile imposizione risiede in motivazioni di natura strettamente religiosa: è noto infatti che la religione islamica viene trasmessa ai figli prevalentemente dalla figura paterna, quindi viene da sé che gli ordinamenti statali dei paesi musulmani non possano lasciare che una donna sposi liberamente un infedele con il rischio quindi che i figli, frutto dell’unione, vengano iniziati a un credo diverso dalla religione di Allah. Sarebbe come dire di aver concesso inutilmente in sposa una musulmana, visto che uno degli scopi principali dell’unione matrimoniale è quello di propagare il messaggio di Muhammad tramite la sua trasmissione alla prole.
Ne consegue che l’uomo sia costretto a sposare l’Islàm oltre che la propria consorte soprattutto a fronte del fatto che le ambasciate e gli altri organi degli stati islamici si rifiutano di concedere alla donna musulmana tutti i documenti necessari alla stipula dell’atto matrimoniale; una situazione, questa, risolvibile soltanto con la conversione dell’uomo all’Islàm. Questa tipologia di conversione viene definita come strumentale o “di opportunità” poiché viene compiuta principalmente per raggiungere determinati scopi: siano essi vantaggiosi obiettivi lavorativi oppure, come nel caso di cui si parla, per riuscire a contrarre matrimonio.
Coloro che si convertono all’Islàm per fini matrimoniali inoltre, non sembrano presentare quella che si definisce una grande sensibilità religiosa poiché cambiano credo senza particolari remore o senza avere ripensamenti, con l’unico scopo di raggiungere un unico obiettivo: quello di poter sposare la propria compagna. A facilitarli nella percorrenza di una simile strada verso il cambiamento sono le procedure semplici e formali per mezzo delle quali si convertono: basta recarsi in una moschea o in un ambasciata dove, alla presenza di due testimoni e di un imam, si dovrà recitare una breve formula in lingua araba, detta Shahada, con la quale si attesta che Allah è l’unico Dio esistente e che il Profeta Muhammad è il suo inviato. Al termine di questo atto al neofita, cui viene assegnato un nuovo nome islamico, viene rilasciato il certificato di conversione in virtù del quale egli può dirsi finalmente musulmano. Proprio questo documento costituisce il lasciapassare che consentirà alla coppia di reperire, senza alcuna difficoltà, tutti i documenti necessari alla donna per contrarre matrimonio.
Nonostante le motivazioni di natura religiosa che sono alla base dell’imposizione della conversione degli uomini all’Islàm, non si può fare a meno di guardare a un tale stato di cose come ad una grave limitazione alla libertà di professare un qualsiasi credo: uno dei cardini fondamentali dei diritti umani che da sempre accompagnano l’esistenza stessa dell’uomo; anche se, nella gran parte dei casi, i neoconvertiti all’Islàm non si pongono il problema in tale ottica, anzi non se lo pongono affatto. È dimostrato infatti che nella maggioranza dei casi gli uomini che si convertono non esprimono imbarazzo o disagio nel professarsi di una nuova religione, al contrario il fatto che questo abbia permesso loro di ottenere le carte per il matrimonio li rende sereni e non genera ripensamenti.
Tuttavia occorre tenere ben presente che le indagini dimostrano che coloro i quali si convertono non hanno mai avuto uno stretto rapporto di legame affettivo e soprattutto di pratica attiva con la dottrina ereditata dalla famiglia d’origine. Dunque la religione non ha mai costituito un tratto importante dell’identità complessiva di questi uomini, ed è perciò relativamente facile per loro convertirsi senza particolari problemi e rimanere così inseriti nei loro contesti di appartenenza senza subire cambiamenti epocali nel loro vissuto quotidiano.