MATRIMONIO CON L’ISLAM
Grave coartazione della libertà religiosa
oppure una scelta consapevolmente vissuta?
È la situazione degli uomini che,
per sposare donne musulmane, si convertono all’Islàm
di Martina Colone Laureata in scienze della comunicazione
SPOSARSI PER AMORE comporta alcuni sacrifici
da parte dei nubendi e ciò è vero soprattutto
per le coppie miste che, oltre alle normali
problematiche che possono insorgere in
una relazione, devono affrontarne altre più
rilevanti e spesso relative al diverso background
culturale.
Normalmente si è soliti riferirsi a tali coppie
puntando principalmente sull’enfatizzazione
delle differenze legate semplicemente
alle diverse origini anche se, nella gran
parte dei casi, sono i diversi credi religiosi a
fungere da criterio di diversificazione.
Attualmente, in Italia, le coppie miste sono
circa 600.000. Almeno la metà si sono formate
nell’ultimo decennio in prevalenza al
Nord del paese dove più marcata è la presenza
degli immigrati e dove sono quindi
maggiori le opportunità di incontro e commistione
tra stranieri ed autoctoni. Scendendo
nel dettaglio si nota che, mentre gli
uomini preferiscono sposare filippine, romene
ed albanesi; le donne italiane accordano
la loro preferenza a senegalesi, tunisini
e marocchini arrivando a convertirsi all’Islàm
pur di venire incontro al coniuge o
compagno che sia.
Ma cosa succede se, al contrario, è un uomo
a voler sposare una donna musulmana? In
questo caso la situazione risulta essere molto
più complessa poiché nella stragrande
maggioranza dei paesi islamici ad una musulmana
è fatto divieto di sposare un uomo
di religione diversa da quella di Allah, mentre
lo stesso non si può dire dei musulmani
di sesso maschile cui è permesso unirsi in
matrimonio con aderenti ad altre religioni
purché esse non risultino essere politeiste.
La ragione di una simile imposizione risiede
in motivazioni di natura strettamente religiosa:
è noto infatti che la religione islamica
viene trasmessa ai figli prevalentemente dalla
figura paterna, quindi viene da sé che gli
ordinamenti statali dei paesi musulmani
non possano lasciare che una donna sposi liberamente
un infedele con il rischio quindi
che i figli, frutto dell’unione, vengano iniziati
a un credo diverso dalla religione di Allah.
Sarebbe come dire di aver concesso inutilmente
in sposa una musulmana, visto che uno degli scopi principali dell’unione matrimoniale
è quello di propagare il messaggio
di Muhammad tramite la sua trasmissione
alla prole.
Ne consegue che l’uomo sia costretto a sposare
l’Islàm oltre che la propria consorte soprattutto
a fronte del fatto che le ambasciate
e gli altri organi degli stati islamici si rifiutano
di concedere alla donna musulmana
tutti i documenti necessari alla stipula dell’atto
matrimoniale; una situazione, questa,
risolvibile soltanto con la conversione dell’uomo
all’Islàm. Questa tipologia di conversione
viene definita come strumentale o
“di opportunità” poiché viene compiuta
principalmente per raggiungere determinati
scopi: siano essi vantaggiosi obiettivi lavorativi
oppure, come nel caso di cui si parla,
per riuscire a contrarre matrimonio.
Coloro che si convertono all’Islàm per fini
matrimoniali inoltre, non sembrano presentare
quella che si definisce una grande
sensibilità religiosa poiché cambiano credo
senza particolari remore o senza avere ripensamenti,
con l’unico scopo di raggiungere
un unico obiettivo: quello di poter sposare la propria compagna. A facilitarli nella
percorrenza di una simile strada verso il
cambiamento sono le procedure semplici e
formali per mezzo delle quali si convertono:
basta recarsi in una moschea o in un ambasciata
dove, alla presenza di due testimoni e
di un imam, si dovrà recitare una breve formula
in lingua araba, detta Shahada, con la
quale si attesta che Allah è l’unico Dio esistente
e che il Profeta Muhammad è il suo inviato.
Al termine di questo atto al neofita, cui
viene assegnato un nuovo nome islamico,
viene rilasciato il certificato di conversione
in virtù del quale egli può dirsi finalmente
musulmano. Proprio questo documento
costituisce il lasciapassare che consentirà alla
coppia di reperire, senza alcuna difficoltà,
tutti i documenti necessari alla donna per
contrarre matrimonio.
Nonostante le motivazioni di natura religiosa
che sono alla base dell’imposizione della
conversione degli uomini all’Islàm, non si
può fare a meno di guardare a un tale stato di
cose come ad una grave limitazione alla libertà
di professare un qualsiasi credo: uno
dei cardini fondamentali dei diritti umani
che da sempre accompagnano l’esistenza
stessa dell’uomo; anche se, nella gran parte
dei casi, i neoconvertiti all’Islàm non si pongono
il problema in tale ottica, anzi non se lo
pongono affatto. È dimostrato infatti che
nella maggioranza dei casi gli uomini che si
convertono non esprimono imbarazzo o disagio
nel professarsi di una nuova religione,
al contrario il fatto che questo abbia permesso
loro di ottenere le carte per il matrimonio
li rende sereni e non genera ripensamenti.
Tuttavia occorre tenere ben presente
che le indagini dimostrano che coloro i quali
si convertono non hanno mai avuto uno
stretto rapporto di legame affettivo e soprattutto
di pratica attiva con la dottrina ereditata
dalla famiglia d’origine. Dunque la religione
non ha mai costituito un tratto importante
dell’identità complessiva di questi
uomini, ed è perciò relativamente facile per
loro convertirsi senza particolari problemi e
rimanere così inseriti nei loro contesti di appartenenza
senza subire cambiamenti epocali
nel loro vissuto quotidiano.
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