La
depressione mascherata
intervista
a Paolo Pancheri
a cura di Laila Visentini
Paolo
Pancheri è uno dei più autorevoli psichiatri italiani.
Ordinario di Psichiatria all’Università La Sapienza
di Roma.
Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e volumi
su argomenti di Psicologia Clinica, Psicopatologia, Psicofarmacologia,
Psiconeuroendocrinologia. È anche Presidente della Sopsi,
società scientifica psichiatrica, che a febbraio riunirà
a Roma migliaia
di esperti italiani e stranieri per l’XI Congresso Nazionale.
Professore, in che misura
la depressione è “nel mondo”?
La depressione è considerata dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità una delle cause più importanti di disabilità,
per cui è certamente una delle malattie più diffuse
e per l’incidenza sulla sofferenza e l’invalidità
viene subito dopo le malattie cardiocircolatorie e i tumori.
Che relazione c’è tra depressione e pessimismo?
Il pessimismo è un tono dell’umore, la depressione
è una malattia che può finire con una parziale o totale
inabilità al lavoro. Io preferisco non parlare di depressione
in una persona normale, ma di pessimismo, di visione tendenzialmente
negativa della vita; ma questo, come dire, fa parte del temperamento.
Quali sono gli indizi e i criteri per poterla riconoscere?
Quando la sofferenza dura troppo a lungo ed è intensa, non
ha una causa chiara oppure i motivi sono sproporzionati rispetto
alla causa: ecco il confine tra normalità e patologia. La
tristezza, cioè l’umore depresso, l’incapacità
a provare piacere, il “rallentamento”, possono essere
sintomi molto transitori, ma quando i sintomi durano troppo a lungo
per dieci o quindici giorni, in modo continuo e con intensità,
e tutto questo compromette i rapporti familiari, scolastici o lavorativi,
a questo punto noi possiamo cominciare a parlare di vero disturbo.
Vogliamo
parlare della “depressione mascherata”?
Esiste una depressione in cui la tristezza è “mascherata”
da una serie di malesseri fisici: il depresso non si rende conto
di essere tale. La persona dorme poco o dorme troppo, mangia poco
o mangia troppo, soprattutto ha questa profonda debolezza, astenia.
Allora cosa fa? Va dal medico di base che, in generale, non fa subito
una diagnosi ma richiede una serie di accertamenti e quando risulta
che tutto è negativo gli si dice che è un malato immaginario
oppure lo manda, giustamente, dallo psichiatra. Dobbiamo sempre
ricordare che l’indicatore della depressione è l’intensità
e quanto invalidanti siano i disturbi. La depressione arriva ma
poi si stabilizza con un adeguato trattamento farmacologico e/o
psicoterapeutico, ma c’è anche il rischio del suicidio:
bisogna stare attenti, chi lo fa è quasi sempre un depresso
non riconosciuto oppure curato male.
La follia del nostro secolo rispetto al passato è
cambiata?
La follia è sempre stata uguale e sempre lo sarà,
cambiano le nevrosi. Chi delira o ha allucinazioni o “sente
le voci” lo fa come ai tempi di Cesare: si ammala il cervello.
Oggi, rispetto al passato, c’è più fragilità,
c’è una minor sopportazione del dolore, delle difficoltà.
Si cerca la felicità con la chimica….
Perché questo grande interesse nella sua vita per
la follia?
La follia ha sempre affascinato o spaventato la gente. Perché
una persona diventi un’altra persona, esca dalla comunità
sociale, intesa in senso psichico, e viaggi in un mondo completamente
“altro”, beh.. è molto intrigante scoprirne il
perché.
Cosa le sembra importante far sapere?
Quando la gente sospetta di avere un disturbo d’ansia, mi
va benissimo che vada dal medico di famiglia, ma chi deve curare
è lo specialista. Oggi gli psichiatri sono ben addestrati,
almeno quelli che preparo io sono bravi. Quindi, andate tutti dallo
psichiatra!.
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